Non più tardi di un mese fa abbiamo vissuto un momento molto particolare che sembrava avviare una stagione nuova nei rapporti tra politica e scuola paritaria. La maggioranza trasversale formatasi in Parlamento aveva prodotto un significativo risultato con la modifica del decreto Rilancio, ottenendo il raddoppio dei contributi inizialmente previsti a sostegno del settore paritario.



Sembrava una “luna di miele politica” che ha creato qualche entusiasmo e soprattutto grandi attese. Peccato sia finita prima che “il matrimonio politico” che riconoscesse e ratificasse definitivamente il valore pubblico del servizio offerto dalle scuole paritarie, fosse consumato! Raggiunto il risultato, peraltro non sufficiente a coprire le necessità di cui le scuole paritarie hanno bisogno per una sicura possibilità di riapertura a settembre, come ho evidenziato nel mio ultimo articolo, tutto si è fermato e in pochi giorni il “grande segno” ha cominciato ad appannarsi per poi sparire e si è tornati alla “triste normalità”: la scuola paritaria è di nuovo “invisibile”.



Dopo l’approvazione del decreto Rilancio tutte le attenzioni del ministero e della politica si sono dedicate alle difficoltà di riapertura di settembre, non della “scuola”, come ottica di sistema vorrebbe, ma della “scuola statale”. Nessuno nega che la scuola statale merita tutte le attenzioni per il peso “quasi monopolistico” che ha nel nostro paese, ma quello che attendiamo da tempo e che la “maggioranza trasversale” dei primi di luglio aveva fatto sperare è che il Parlamento e, quindi, il ministero, quando tratta problemi legati al reclutamento, all’abilitazione del personale docente, all’autonomia delle istituzioni, alle risorse necessarie per affrontare l’emergenza, alle necessità strutturali per una serena riapertura a settembre, all’aiuto alle famiglie in difficoltà per l’acquisizione di materiali abbia una visione di sistema, come legge 62/2000 vorrebbe.



Si prendano decisioni in equilibrio che da una parte non favoriscano la soluzione dei problemi della scuola statale a scapito delle scuole paritarie (vedi reclutamento) e dall’altra stanzino “per tutte le scuole” le risorse necessarie ad affrontare le emergenze, anche strutturali, perché gli studenti e le famiglie sono di fatto cittadini italiani e, costituzionalmente, hanno lo stesso diritto all’istruzione sia che frequentino la scuola statale sia che frequentino quella paritaria, di cui la Repubblica ha il dovere di farsi carico con le sue istituzioni, Parlamento e ministero.

L’orientamento politico di questo ultimo mese sembra invece affetto da “strabismo” con l’attenzione rivolta solo alla soluzione dei problemi della scuola statale. La realtà della vita, in qualsiasi settore o situazione, insegna che un gesto positivo è sicuramente apprezzabile, ma non risolve i problemi per i quali occorre l’ordinaria, continua attenzione corredata da costanti, piccoli e concreti interventi.

Nel decreto di agosto sembra non ci sia alcun intervento per il settore paritario all’interno di quanto stanziato (circa 1 miliardo) e non si parla più di uno stanziamento straordinario necessario per impedire la chiusura di altre scuole dell’infanzia e, inoltre, torna in discussione la possibilità di utilizzo dei Pon da parte degli studenti della scuola paritaria quale aiuto per l’acquisto dei materiali utili alla didattica digitale.

Settembre è alle porte e ad esempio, per ciò che concerne il settore 0-6 anni, tutti sappiamo che molte scuole dell’infanzia paritarie hanno già chiuso ed altre inevitabilmente chiuderanno se non arrivano per tempo i contributi stanziati dal decreto Rilancio, oltre al citato necessario ulteriore intervento straordinario.

Anche se l’intervento normativo dei primi di agosto con il Decreto ministeriale n. 80 del 3 agosto 2020 che ha ratificato il “Documento di indirizzo e orientamento per la ripresa delle attività in presenza dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia” ha di fatto tolto vincoli di distanziamento sociale chiedendo di “garantire la ripresa e lo svolgimento in sicurezza dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia in presenza assicurando sia i consueti tempi di erogazione sia l’accesso allo stesso numero di bambini accolto secondo le normali capienze (quelle indicate dalle norme tecniche per l’edilizia scolastica)”, evitando quindi il sovrapporsi di problemi di capienza per l’accoglienza, il problema rimane.

Come ho già scritto, questo problema, ormai da tutti riconosciuto, avrà grave rilevanza sociale per le famiglie e sarà tanto più consistente, quante più scuole dell’infanzia paritarie chiuderanno, dato che, come risaputo, lo Stato non è in grado, per mancanza di strutture, di supplire alla carenza di servizio.

La “palla” è nelle mani dei politici che hanno dato vita alla “maggioranza trasversale”. A loro decidere se lasciare “alla memoria” il loro apprezzabile intervento o se proseguire nelle loro iniziative per portare a compimento l’azione politica avviata con il decreto Rilancio, dare continuità all’attenzione verso il servizio pubblico offerto dalle scuole paritarie e costruirvi attorno una positiva opinione pubblica. Azione che porterà ad avere un sistema scolastico non solo equo, ma anche più funzionale e capace di dare la giusta risposta ai diritti dei cittadini del nostro paese.