Da molto tempo, quando si parla di scuola, necessariamente sembra di screditare, ingiuriare, infangare un luogo, un contesto che, seppur in crisi, resta un ambito privilegiato in cui il ragazzo, ma anche l’adulto insegnante, hanno l’opportunità di crescere mettendosi in discussione. Di porre le basi per strutturare l’io, la coscienza, il pensiero, la persona. Evidentemente se la scuola è in crisi il problema non è suo ma di qualcosa che viene prima.



Qualche tempo fa una mamma accompagnando il figlio a scuola lo ha salutato dicendo: “Enzo jesc a dint (vai dentro, letteralmente “esci dentro”) e vai a rompere le scatole ai professori”. Peccato per lui e per la mamma, ma se la scuola fa questo effetto vuol dire che il rispetto per gli insegnanti che lo hanno istruito e formato è svanito, dimenticato, cancellato. Vuol dire che un parcheggio, o un babysitteraggio, forse è più educativo. Vuol dire che quel luogo merita meno rispetto di un supermercato o di una sala giochi. Il dubbio resta: avranno sbagliato i professori o la famiglia del ragazzo? Se la scuola non è adatta, vuol dire che tutto ciò che il ragazzo o indirettamente la mamma ha vissuto in questi anni, le emozioni, le paure, le soddisfazioni per gli obiettivi raggiunti e tutto il resto, non hanno avuto alcun valore.



Di fatto la scuola è il luogo dove si concentrano quelle che sono le mancanze di una società, di una famiglia ormai agli sgoccioli. E così la scuola testimonia inesorabilmente la crisi dei tempi. Anche la mancanza di regole ben definite e chiare influisce sulla decadenza della scuola come istituzione di riferimento. E ancora, colpevole è l’incapacità dei ragazzi di promuovere interazioni positive tra coetanei.

Eppure, la scuola è e permane nella sua valenza educativa unica. “L’essere con”, questa affermazione apparentemente astratta o volutamente incomprensibile in un mondo in cui “tutto cospira a tacer di noi” fondamentalmente salva la scuola. Essere dentro i rapporti, dentro i dialoghi con i colleghi, con gli alunni. La scuola va in crisi quando la percezione di sé si perde nei meandri della burocrazia e poniamo la certezza nell’individualismo del nostro insegnare.



Ma non può essere così, non possiamo continuare a piangerci addosso solo perché il ministro di turno adotta un criterio o l’altro. La scuola come luogo di incontro (perché è solo così che può essere intesa) oltre che di crescita, di conoscenza, deve diventare necessariamente luogo privilegiato per la scoperta di sé ancor prima del tentativo missionario di salvare il mondo, quella mamma o la scuola stessa. Occorre scoprirsi in azione, lavorare su di sé per proporre una modalità di conoscenza, mettere in crisi gli alunni attraverso non un sapere, ma un giudizio sul sapere stesso, sulla conoscenza, sulla metodologia adeguata. Proporre il senso di ciò che si studia.

Non basta lo studio in sé per sé. Ma non è né facile né scontato. E il nostro compito di docenti, dentro le difficoltà imprevedibili dell’oggi e senza la pretesa di facili soluzioni, continua ad essere quello di educare istruendo, di far riaccadere lo stupore per la conoscenza dentro l’ora di lezione, con tutta la nostra umanità e la capacità di istaurare relazioni significative e di cura che tra l’altro allevino i molteplici disagi di ogni alunno. Importante condizione è che noi adulti, anche tra le mura scolastiche, accompagniamo i giovani a vedere come la realtà può esserci maestra, come anche la mancanza di un bene possa generare desiderio, aprire la coscienza alle domande esistenziali più profonde e perfino generare un nuovo cammino umano.

Il 21-22 ottobre si svolge a Bologna la Convention di Diesse (Didattica e innovazione scolastica) dal titolo “Questi ragazzi! Fragili ma ostinati desideri di felicità”. La Convention Scuola 2023 si concentra sulla sfida che i ragazzi rappresentano per gli educatori, insegnanti per primi. I giovani di oggi ci appaiono diversi dalle generazioni passate e i cambiamenti radicali che hanno vissuto mettono in discussione la possibilità stessa di educarli. La Convention Scuola si propone di comprendere questo contesto e le domande radicali che ha provocato, cogliere gli aspetti critici e profondi dei ragazzi, individuare nuovi percorsi e strumenti educativi. La Convention approfondirà questi temi per meglio comprendere effettivamente se la mamma di cui sopra ha ben chiaro il destino del figlio. E, magari, anche dei professori.

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