Il docente non può astenersi dal valutare, pena la riduzione dell’insegnamento ad un’attività sterile di assistenza o di pura trasmissione di informazioni, e alla lezione come una conferenza. Non può tuttavia neppure rimanere nell’ambiguità. Deve scegliere una giusta “postura”, un suo profilo di attore nel “dramma” della valutazione, una risposta alla domanda: “Ed io chi sono nel gioco di sguardi, di fatti e di parole, presente nella valutazione, in cui sono implicati una pluralità di soggetti, linguaggi e contesti?”.



Anne Jorro, studiosa francese, esaminando i comportamenti valutativi dei docenti nell’esercizio del loro ruolo, individua quattro posture: controllore, allenatore, consigliere, traghettatore.

Controllore

Controllore nella valutazione è l’insegnante che trasmette con stile enunciativo il sapere. Assegna continuamente esercizi, ne controlla pedantemente l’esecuzione e i risultati. Corregge in maniera stereotipata ed indiscriminata, cioè senza tenere conto degli stili cognitivi e della storia dell’alunno, e disincarnata, ovvero senza far vedere concretamente il perché e il come dell’errore. Valorizza solo gli alunni migliori, quelli il cui punteggio è più alto, lodando non solo gli sforzi ma soprattutto le capacità di esecuzione e precisione, additandoli come esempio per tutti. Dimentica che gli alunni, al blocco di partenza, erano posizionati a distanze diverse e non avevano nel loro zaino l’identico equipaggiamento. A lui interessa evidenziare non ciò che c’è, ma ciò che manca rispetto al “suo quadernetto” degli elementi da controllare.



Il docente, che ha il suo doppio in un “valutatore controllore”, tratta gli allievi in modo autoritario e, a volte, come fossero suoi antagonisti. Le sue modalità relazionali in aula sono dure, rigide, astiose: hanno come scopo il controllo totale della classe. È il docente che non ammette azioni, percorsi, processi e prodotti degli apprendimenti diversi da quelli predefiniti dalla sua “norma”, dal suo “piano”. Confonde controllo con valutazione. Suo dovere è vegliare e sorvegliare come l’ispettore Javert, uno dei protagonisti de I miserabili di Victor Hugo. Un simile docente – oggi effettivamente più raro di un lustro fa – non va mai in crisi, soprattutto nella scuola superiore.



Allenatore

Il docente allenatore è colui che fissa degli obiettivi stabilendo la loro progressione, dal semplice al complesso, dal concreto all’astratto, dall’immediato al lontano. Controlla i prerequisiti con prove diagnostiche; organizza il recupero attraverso esercizi e presenta esempi di cosa e come fare. Suddivide le prove in sequenze per facilitare regolarmente il punto sui passi e le difficoltà di ogni alunno. Ad ogni tappa esprime una valutazione, promuove e accompagna l’autovalutazione dello studente in modo che difficoltà ed errori possano essere classificati e repertoriati proficuamente. La (pre)stima, il sostegno, il richiamo allo sforzo e alla perseveranza, anche quando rimprovera ed esprime giudizi negativi sul lavoro e i risultati dell’alunno, sono i tratti del suo profilo di insegnante “maestro più che valutatore”.

Purtroppo, questo non sempre accade. Lo si vede in particolare negli scrutini, quando il docente entra sì in gioco, ma come arbitro inappellabile, assoluto, solitario, unico gestore di partite decisive.

Consigliere

Il docente consigliere è, invece, l’esperto “didattico” dei nostri giorni: sostiene l’autoregolazione dell’alunno, differenzia i percorsi, attribuisce valore innanzitutto a quello che c’è e/o sta per accadere. Nelle prove si assicura che ciascuno abbia compreso la consegna. Nella correzione accoglie l’errore nella sua particolarità e occasionalità ed aiuta lo studente a farne una risorsa. È la postura di chi è consapevole che l’obiettivo principale della valutazione non è assegnare il voto, ma aiutare a fare il punto sul cammino in atto.

Di fatto, però, spesso questo non avviene. Il doppio si attiene alle prassi, alle norme, ai vincoli burocratici e appare più come padrone che come servo.

Traghettatore

L’insegnante traghettatore non interviene negli scambi tra gli alunni durante la prova di valutazione. Ciò non significa che lascia “copiare”. Semplicemente accorda uno spazio iniziale perché gli alunni possano eventualmente consultarsi anche tra di loro, riflettere insieme, farsi delle domande. Nelle verifiche in classe si mette a disposizione per rispondere, a sua discrezione, a domande di alunni in difficoltà. Autorizza gli alunni al termine del compito a confrontarsi tra loro. Nella correzione coinvolge la classe, invita a chiedere il parere ai compagni: di fronte alla risposta errata di uno, per esempio, al posto di rettificare ex cathedra, è solito guidare con domande gli alunni a scoprire il perché e il come dell’errore, la sua consistenza, la sua valenza propulsiva verso la conoscenza.  Non censura i desideri, né le paure, né le domande da parte degli studenti. Interroga e si lascia interrogare; ascolta e valorizza i loro interventi, condivide momenti di pausa e di riflessione. Non ha bisogno di farsi “doppiare”, conosce il mestiere del docente e vive la passione del maestro. Sa che è suo compito accompagnare da una riva all’altra, anche oltre la terra de “hic sunt leones”. Fa della valutazione la sua navicella che ormeggia spesso nei porti franchi lontani da rifugi standardizzati e arrugginiti.

Verso un approccio ragionevole

Secondo Jorro la valutazione è un processo che accompagna lo studente nel tragitto verso la meta, informandolo lungo la navigazione. Tuttavia, a mio parere, non basta che il docente si faccia compagno (o “amico critico”, come nota in un altro intervento la Jorro), occorre che sia anche guida nell’oceano dell’essere, perché l’alunno possa imparare a dare nome alle cose, cogliere e verificare attraverso le discipline di studio quel senso della realtà che genera esperienza e soddisfazione.

I gesti, le parole, le posture del docente in questo contesto non sono neutri. Il docente controllore, per esempio, instaurando rapporti distaccati con gli allievi, costruisce un ambiente nel quale viene privilegiata o se non addirittura deificata la lezione frontale. Il “traghettatore”, invece, costruisce l’ora di lezione con gli alunni; favorisce un clima di cordialità, di lavoro cooperativo e di intraprendenza; promuove   atteggiamenti investigativi, da ricercatori sempre più autonomi e sempre più collaborativi.

In un ambiente simile è più probabile che non sfugga il quid che fa del docente un insegnante-che-valuta, libero dal “doppio”, e della valutazione una risorsa educativa irrinunciabile.

(2 – fine) 

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