Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo un estratto della prefazione di Andrea Mencarelli al volume di Nicola Campagnoli Tre mesi di vacanza (e il posto fisso), Affinità elettive 2023.

Mi ha molto colpito un episodio accaduto nella scuola dove insegno, nella quale un folto gruppo di studenti e insegnanti si è ritrovato per un’assemblea che ha messo a tema il malessere e soprattutto il desiderio di “stare bene a scuola”. Una ragazza di quarta liceo, intelligente, dalla buona media e pubblicamente implicata nel mondo studentesco, è intervenuta davanti a un centinaio di persone raccontando la propria esperienza: “Io non so più perché vengo a scuola. Quest’anno mi è esplosa questa domanda. Io credo che in realtà ci fosse anche prima, ma tutto era più automatico. Il Covid non ha creato questo problema, ma mi ha fatto accorgere che c’era. Perché vengo a scuola? Ho provato a darmi delle risposte: devo andare a scuola per costruire le basi per il mio futuro e prepararmi al mondo. Ma mi sono accorta che questa risposta non è sufficiente per vivere ora. Allora mi sono detta: vado a scuola perché ci sono i miei amici, finalmente in presenza dopo i sacrifici del lockdown. Ma, dopo una settimana, anche i miei amici erano una ragione insufficiente. La domanda rimane aperta e ve la condivido: io perché vengo a scuola? E voi, ragazzi e prof, perché venite a scuola?”.



Al termine di questo intervento nell’auditorium si è imposto un silenzio profondissimo, un misto di vergogna e di incapacità a reggere una provocazione così radicale e così capace di farci scoprire tutti equipaggio della stessa barca (…). Il libro Tre mesi di vacanza (e il posto fisso) assomiglia molto a un diario di bordo, la testimonianza viva di un’esperienza in atto. Il capitano della nave, il caro Nicola, non ha in mano tutta la trama del viaggio e ogni pagina bianca è un avvenimento.



La prima cosa che colpisce è la descrizione di una lotta in atto, quella tra le immagini e la realtà, lotta da cui nessuno è esonerato: “I professori hanno sognato uno studente / finto / fantoccio / che non esiste perché quello reale gli fa paura. I professori / amano lo studente che sognano, / ma non ne hanno mai visto uno / davanti”. La concretezza delle situazioni, tuttavia, supera sempre le idee: “prof, lei è totalmente dalla parte della ragione se vuole mettermi una nota; fa benissimo, se mi spedisce dalla preside con una richiesta di sospensione… Ma lei non potrà mai fare in modo che io non esista”. Questo primo elemento di consapevolezza apre sorprendentemente a un secondo, come una stella che suggerisce una rotta diversa: non l’applicazione di protocolli e schemi, ma una sollecitazione da cui lasciarsi risvegliare, quasi un’onda da cui farsi sospingere. Come mostrato anche dalla mia alunna in assemblea, c’è una familiarità che ci definisce alla radice. Così racconta il Nostro: “Anche il legame con gli studenti è di questa natura: la conoscenza, lo studio della realtà, ci mettono di fronte a qualcosa di sproporzionato e immenso, che non si finisce mai di esplorare. Questo viaggio nella realtà ci fa accorgere della nostra comune natura di bisogno, di appartenenza a un senso della vita che ci supera continuamente e che, attraverso le materie, cominciamo a percepire e toccare con mano. E questa scoperta continua si intreccia con la scoperta di noi stessi, del nostro io, che avviene attraverso relazioni e dialoghi”.



Chi, come il nostro Autore, ha la semplicità di riconoscere questo dato dell’esperienza (e l’audacia di seguirlo) si ritrova immediatamente protagonista di un’avventura dai tratti inaspettati. Non più quella di chi deve sforzarsi di reggere l’urto, di camminare senza pestare i pezzi di vetro, ma del viandante che sempre impara qualcosa dal passo che compie (persino dagli sbandamenti) e si lascia rimettere in moto dall’invincibile desiderio di scoprire un tratto nuovo della strada che lo avvicina alla sospirata meta.

“Il grande poeta Ungaretti dice che la poesia serve ad avvicinarsi a un segreto, ma le parole non riescono a esaurirlo mai completamente. Si è sempre insoddisfatti. La parola è impotente a dire tutto. Ungaretti dice che c’è dentro il mondo, dentro ognuno di noi, un porto sepolto. Da lì, da quella grande ferita, da quella grande gioia, da quel mistero arrivano i versi”. Sfogliando le pagine del libro viene voglia di rimettersi al lavoro, sempre. Il posto fisso non ha a che vedere (solo) col cedolino ministeriale, ma prima ancora con quella sfida quotidiana, che possiamo chiamare “vocazione”, a riconoscere la grandezza del nostro umano, delle sue domande profonde, e a mettersi in ascolto degli echi di parole che ci attirano alla riva intravista. Evviva il mare! Buon viaggio!

Il volume sarà presentato oggi, venerdì 30 giugno, alle ore 18, nella Libreria Affinità Elettive Edizioni, Corso Stamira 33, Ancona

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