Si è svolta a Bari dal 16 al 18 ottobre negli spazi della Fiera del Levante la rassegna Didacta Edizione Puglia, grande evento dedicato al mondo della scuola, dell’università, della formazione e della ricerca scientifica. Dal podcast in classe all’apprendimento attraverso l’Intelligenza artificiale, dalla cyber security alla pratica sportiva giovanile, ma anche aule immersive, laboratori per la realtà virtuale e metodologie innovative per le materie Stem: sono solo alcuni degli argomenti trattati nelle giornate della fiera. Luogo d’incontro per tutti i livelli di istruzione e formazione, Didacta ha previsto un ricco cartellone di workshop, seminari e incontri che si sono svolti in tre giorni, dedicati alla formazione dei docenti di ogni ordine e grado e per l’aggiornamento di tutti i professionisti del comparto scuola. Le nuove tecnologie occupano ormai ogni angolo del nostro tempo, anche quello dedicato alla scuola. Si fa sempre più pressante l’idea che a scuola si debbano usare aule immersive per imparare le tabelline, far uso dell’intelligenza artificiale per diventare più intelligenti, dei tablet per non leggere e scrivere su carta.
A questa importante manifestazione incentrata sul mondo della didattica, organizzata da Firenze Fiera e voluta da Nuova Fiera del Levante assieme alla Regione Puglia, sono stati dedicati oltre 12mila metri quadrati di spazi. Tante energie, tanti investimenti fatti sulla didattica innovativa basata sulle tecnologie di ogni specie, su nuove visioni interpretative, introspezioni elettroniche e studi su percettori di sensazioni, visioni, indagini di ogni tipo. Strumenti per analizzare lo sguardo del bambino, l’interesse per colori, forme, movimenti.
Ma la domanda che regna sovrana è sempre la stessa: è vera innovazione quella improntata a queste nuove tecnologie? L’innovazione porterà a migliorare la scuola, questo di sicuro. Fino ad ora, in 20 anni di innovazioni spettacolari affidate forzosamente agli strumenti tecnologici non abbiamo visto grandi miglioramenti della scuola. I risultati in ambito scolastico restano bassi, anzi calano sempre più. Restano certe alcune vecchie e sacre convinzioni: lo sguardo, l’attenzione, l’interesse per l’alunno, per la sua pura e semplice umanità espressa o spesso inespressa, sono basilari per porsi in maniera adeguata rispetto ad ogni cosa.
Le strumentazioni attive al giorno d’oggi spesso cambiano nome (sono ormai di moda espressioni anglofone delle più svariate per esprimere situazioni già da tempo in uso) ma il più delle volte si tratta appunto di realtà già viste. Di sicuro rispetto a situazioni più delicate in cui sono implicati ragazzi con difficoltà oggettive, delle novità ci sono; restano sempre da verificare condizioni alla Checco Zalone con il ragazzo autistico Lorenzo nel film Cado dalle nubi.
E invece, troppo spesso si propinano soluzioni veloci, demandate a strumentazioni tecnologiche quasi come se ci fossero magiche elaborazioni per risolvere problemi. E così, se gli studenti di mezza Europa vanno male in matematica si propinano soluzioni tecnologiche, se gli studenti vanno male in inglese, si propinano soluzioni in aule immersive costose e spesso impossibili da acquistare da parte delle istituzioni.
Comincio a pensare che la vera innovazione potrà essere quella in cui verranno banditi gli strumenti inutili durante le lezioni, quella in cui i cellulari saranno spenti, quella in cui si riapriranno i libri di carta, quella in cui gli studenti saranno in grado di leggere due pagine di seguito senza entrare nel panico, quella in cui tornerà di moda l’uso del pollice opponibile per scrivere e disegnare a mano, quella in cui osserveremo il reale prima che il virtuale, il lavoro di applicazione nello studio anziché continue facilitazioni o riduzioni nello studio stesso.
Si è sempre più convinti che il vero nemico dell’innovazione a scuola sia proprio l’uso smodato, invasivo, pervasivo della tecnologia. Sono convinto che l’uso passivo della tecnologia uccida la creatività e l’immaginazione, comincio a pensare che l’omogeneizzato tecnologizzato priverà gli studenti della loro capacità di pensare, ragionare, immaginare e creare. Forse la vera innovazione a scuola sarà tornare indietro e ammettere di aver sbagliato.
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