La Bottega del Libro fondativo è sempre in ricerca. E così ci siamo imbattuti nelle fiabe armene, di cui si era già a conoscenza, almeno in parte. Maestra d’eccezione: Antonia Arslan, professoressa e scrittrice. Il suo intervento al corso di Diesse appena concluso, che ha visto anche l’intervento di Emma Bacca che ha parlato di fiabe italiane ed europee, ha aperto uno squarcio su un mondo particolare. La sua lezione veramente magistrale è partita dalla storia e dalla letteratura armena per approdare a quella parte di letteratura riguardante le fiabe.



Fiabe che per secoli sono state tramandate oralmente, ma che poi sono state raccolte in parecchi volumi in Armenia, a cura dell’Accademia delle scienze di Yerevan (una selezione di queste sono state tradotte in italiano da Sonya Orfalian, Baykar Sivazliyan e Scilla Abbiati), per diventare patrimonio letterario nelle scuole armene nel mondo e, chissà, anche nelle nostre. La stessa Arslan, nel suo Il libro di Mush (BUR, 2022), parla di un personaggio non umano molto importante nella storia, l’Angelo muto.



Se da un lato ritroviamo in esse tratti e caratteristiche simili a quelle della tradizione italiana ed europea (ad esempio non insegnano una morale, hanno un significato nascosto), da un altro scopriamo caratteristiche originali. Esse venivano raccontate da cantastorie che giravano di villaggio in villaggio adattandole ai diversi ambienti di vita (Caucaso, pianure, fiumi, laghi) anche con l’aiuto della musica. Gli stessi strumenti come il flauto di albicocco o il violoncello armeno potevano essere elementi dei racconti, ricchi di magia. Vengono inventate storie in cui l’elemento magico è presente fin dall’inizio, in modo naturale essendo parte della vita.



Esso è affidato al racconto umano, ma anche al racconto e alla parola degli animali. Questi possono essere dei protagonisti attivi, prendono la guida della storia con re, regine, popolo. I re armeni dei racconti sono semplici, accessibili (rispecchiano la realtà della situazione storica), il re non è tanto più ricco degli altri ma ha il compito di difendere il popolo. La presenza di personaggi femminili è rilevante: le donne o hanno poteri magici o usano l’intelligenza, hanno iniziativa, capacità di prendere il comando, riescono nell’intento di far fare ai maschi ciò che loro stesse desiderano.

Si deve tener presente che le donne vengono alfabetizzate fin dal 1860: in ogni villaggio c’era una scuola per bambini e bambine. La visione del femminile, poi, è rafforzata dalla tragedia del 1915; quando le donne superstiti riusciranno a raggiungere Aleppo, cureranno i bambini accolti negli orfanotrofi.

Questo coraggio e questa passione reali sono il frutto della cultura cristiana di cui queste fiabe sono segno. Fiabe, quindi, raccontate attraverso il canto e la musica che sono dimensioni primordiali: il canto in particolare è una grande forma di consolazione e nel canto venivano coinvolti gli stessi spettatori. Le fiabe, oltre che consolare, avevano il compito di raccontare anche la difficile convivenza tra le minoranze e i dominatori, di informare e accettare un mondo anche ostile, di divertire e coltivare la speranza. Che un fatto si realizzi veramente nella fiaba non ha importanza, l’importante è sperare che possa realizzarsi.

Che la speranza ci venga evocata da chi ha sofferto, seppur in modo indiretto, un genocidio è quantomeno singolare. Ma è proprio quello che ci richiama lo psichiatra Eugenio Borgna quando dice, parlando del compito degli adulti: “…oggi c’è una mancanza strutturale della speranza, della passione del possibile, della apertura a un futuro che non conosciamo, del tutto indipendente da noi. Abbiamo l’obbligo morale di non lasciare morire la speranza in noi per farla rinascere in chi l’abbia perduta e in questo senso la speranza ha un valore rivoluzionario, ci inquieta, ci libera dai pregiudizi che non ci consentono di cogliere la realtà nella sua spontaneità e nella sua ricchezza umana, cioè che nella vita possono accadere cose inattese, incalcolabili, imprevedibili, insperate”.

Ecco: leggere fiabe armene in classe può ridestare la speranza e la consapevolezza della possibilità.

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