L’atto del governo che impone, di fatto, il vaccino anti-Covid al personale della scuola mostra che la pandemia ci ha portato alla resa dei conti. Che sia un’imposizione è evidente: nella scuola poi la cosa è particolarmente virulenta come dimostra, ad esempio, la norma che permette di togliere lo stipendio a quegli insegnanti i quali, in assenza di certificazione verde, siano assenti per più di cinque giorni. I sofismi, persino le sentenze di certe cassazioni europee che dicono il contrario, non convincono: sono insegnante, ho all’attivo due Astrazeneca e il green pass da tempo, ma riesco a vedere che di fatto nella scuola, se vorrai lavorarci, sei obbligato a vaccinarti.



La resa dei conti riguarda lo scontro che il coronavirus ha portato sotto gli occhi di tutti: da una parte la libertà personale, dall’altra la sicurezza della salute pubblica. Cosa preferire? Entrambe le cose trovano fondamento nella legge, europea e italiana, addirittura nella Costituzione. La decisione del Governo, la si veda come si vuole, ha fatto pendere la bilancia a favore della sicurezza collettiva, limitando (nella scuola draconianamente) le libertà individuali.



Viene da sorridere. Soprattutto a pensare come qualcuno, ad esempio Angelo Panebianco, avrebbe preferito sostituire nell’articolo 1 della Costituzione la parola “lavoro” con “libertà”: “l’Italia è una repubblica democratica fondata sulla libertà”. Se così fosse, probabilmente il governo non avrebbe potuto prendere le decisioni di questi giorni. A questa Costituzione, su cui uno come Calamandrei ironizzò proprio a proposito del termine lavoro, si appellano i partigiani dell’una e dell’altra parte.

Forse la dicotomia non potrà mai essere risolta. Qualsiasi decisione avrebbe leso l’uno o l’altro principio. Il governo ha deciso, appunto, di limitare le libertà individuali, questo dobbiamo chiarircelo, in nome di un bene ritenuto superiore, cioè la salute pubblica. Per questo la pandemia ha tolto il velo: sono anni che predichiamo che la libertà individuale è il bene supremo. Passerà tra poco, in un modo o nell’altro, una legge che la certifica persino nella scelta del sesso, o del genere, a cui l’insindacabile libertà individuale decide di appartenere: se oggi io, maschio, mi sento femmina, divento femmina a norma di legge. Col vaccino, soprattutto se sei insegnante, questo principio non vale più.



C’è persino del buono, alla fine, non tanto in una pandemia, ma in ciò che ha permesso di portare agli occhi di tutti. La libertà va rispettata solo per coloro che hanno la forza di reclamarsela. Se si chiedesse agli embrioni se sono d’accordo con l’aborto, cosa risponderebbero? Ma non hanno voce in capitolo, né rappresentanti. Non ne hanno a quanto pare neppure gli insegnanti: così come nessuno ci ha chiesto se dovevamo chiudere o no le scuole, se la Dad funzionava o no (dopo l’Invalsi si è visto chiaramente di no), allo stesso modo nessuno ci chiede se sia giusto obbligare al vaccino, neppure a una categoria che, apprendiamo proprio oggi dalle parole del ministro Bianchi, è la più ligia dopo tutto, col 90% del personale già vaccinato. Eppure niente. Lo si chiede al massimo al “leader” dei presidi, Antonello Giannelli, un insegnante di scienze con corsi di management scolastico, presidente dell’Associazione nazionale presidi, ora catapultato sul palcoscenico dei notiziari e dibattiti televisivi. Peccato che i presidi non appartengano alla categoria degli insegnanti: nella mia ventennale esperienza di Rsu ero abituato a vedere il mio dirigente come “controparte”. Certamente non titolato a parlare per noi.

Metodo sbagliato, dunque, e principi stravolti. E, ripeto, non si creda che gli insegnanti sarebbero contrari alla vaccinazione, come dimostra l’altissima percentuale di chi l’ha già fatta. Ma non considererebbero neppure untori appestati quei pochissimi colleghi che non se la sentissero, i quali invece, in caso di assenza minima (anche per influenza? anche per qualsiasi malanno di stagione?) senza green pass perderanno lo stipendio, quando basterebbero precauzioni minime, attenzioni di buonsenso in luoghi come le scuole che si sono dimostrati, assieme alle chiese, i più sicuri e educati dal punto di vista civico.

La mannaia legale che è calata sulla scuola, senza alcuna consultazione coi reali rappresentanti della categoria, rivela ancora una volta la considerazione che gli insegnanti hanno nell’amministrazione e nell’opinione pubblica: nessuna. Non infettateci i ragazzi e, per il resto, fate ciò che vi pare. Sennò vi tagliamo i viveri.

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