Alla cortese attenzione del futuro Ministro dell’Istruzione

Ci permettiamo di disturbarla in queste calde e turbolente giornate di trattative politiche perché, tra le molteplici problematiche che si trova ad affrontare, non tralasci una questione che riteniamo di primaria importanza.

Siamo quattro ragazze di 25 anni, laureate in lettere moderne e “militanti” da più di un anno nel mondo della scuola e dell’educazione. Sì, militiamo, perché per noi ogni giornata con i ragazzi è una sfida grande e affascinante, che ci permette di crescere. In classe abbiamo la responsabilità di un gran numero di studenti che pur immersi spesso in uno scetticismo dilagante, hanno voglia di scoprire con noi ciò che c’è d’interessante nel mondo e quale sia il loro destino. Siamo in prima linea, di fianco ai genitori, nel cercare di far fronte alle difficoltà dei nostri alunni, nel tentare di rispondere con loro alle molteplici questioni che la vita gli pone, accompagnandoli verso l’età adulta. Li sproniamo ad essere protagonisti della loro vita, a prendere sul serio i loro doveri, a guardare uomini che nella storia hanno saputo ambire a cose grandi.



La nostra passione per l’insegnamento e la didattica si scontra però con un problema di non poco conto: l’ultimo concorso per l’abilitazione all’insegnamento indetto dallo Stato (Tfa) risale all’anno 2014. Nel corso del tempo è stato modificato, passando da Tfa a Fit, per il quale erano necessari 24 Cfu in materie psico-pedagogiche, antropologiche e didattiche. Abbiamo sostenuto tutti gli esami necessari, pagando all’università le cifre richieste, ma poi anche il Fit è stato abolito. Da 5 anni ormai non sono più stati indetti concorsi per abilitarsi, il che significa che lo Stato italiano non permette a giovani insegnanti di età compresa tra i 24 e i 30 anni (per il momento) di entrare a far parte del sistema scolastico, che tuttavia è in sofferenza e ha bisogno di nuove forze.



Non per nostra inadempienza, dunque, non possiamo abilitarci, ma per inadempienza dello Stato. Ora abbiamo la fortuna di lavorare in scuole paritarie che però sono costrette a licenziarci a giugno, dopo gli esami, non garantendoci stabilità e non permettendoci dunque di progettare un futuro a lungo termine.

Siamo convinte che il mondo della scuola e quindi dell’educazione dei giovani debba essere trattato con un occhio di riguardo da chi guida il Paese: i giovani sono infatti il nostro futuro ed è necessario dar loro un’educazione che gli permetta di diventare uomini e donne intelligenti e liberi, in grado di mettere al servizio della comunità i propri talenti (che sono tanti!). Per un lavoro serio con loro è necessaria una progettualità e una continuità nel tempo, garantite, in primis, dalla presenza stabile di noi insegnanti.



Abbiamo fiducia nello Stato italiano e riteniamo necessario che il nostro lavoro sia da esso riconosciuto e valorizzato.

Con questa lettera auspichiamo che nelle prossime decisioni di governo e negli eventuali passaggi di consegna si prendano in considerazione due richieste che vorremmo avanzare. Una laurea magistrale e l’acquisizione dei 24 Cfu non possono essere considerati come abilitanti per insegnare? Nel caso in cui tali requisiti non fossero ancora sufficienti, serverebbe chiarezza circa i modi e i tempi dell’iter che dovremo affrontare. Riteniamo infatti che chiunque si troverà a governare dovrà avere tra le priorità la formazione delle giovani generazioni. Troppo tempo è già stato perso. Occorre chiarezza nei percorsi per i futuri insegnanti e coraggio nell’investire sul futuro del nostro Paese.

Cordialmente
Agnese Cantù, Anna Lena, Chiara Lesma, Lucia Vagni