Il momento delle prove Invalsi è sempre critico per le scuole, nel senso che si apre una riflessione importante: poiché queste servono a rilevare i livelli di apprendimento su base nazionale ci si interroga non solo se l’esito sarà quello sperato (ovvero che corrisponda abbastanza alle valutazioni solite) ma se stiamo lavorando nel modo giusto.
C’è stata un’evoluzione anche in questo tipo di prove, come è naturale che sia nei processi di apprendimento e nelle modalità di rilevarli, ma ancora oggi da molti insegnanti sono considerate una “seccatura” cui sottoporre gli alunni.
All’introduzione dell’obbligo di tali prove, ovvero dall’anno 2004, in alcune classi del primo ciclo (seconda e quarta primaria e prima della secondaria) ci sono state molte reazioni avverse, addirittura scioperi indetti nel giorno della somministrazione.
In generale si riteneva che la struttura e la formulazione dei quesiti fossero lontane dal tipo di didattica adottata nella quotidianità e molto spesso le richieste erano poste in modo ingannevole e fuorviante; in ogni caso queste indagini venivano considerate troppo selettive perché riguardavano esclusivamente alcuni aspetti dell’insegnamento dell’italiano e della matematica, rivolgendosi solo ad obiettivi della comprensione ma escludendo del tutto la produzione scritta e tutti gli obiettivi orali per quel che pertiene la lingua italiana.
Io ero tra coloro che criticavano questo sistema di rilevamento per le ragioni che ho appena descritto e anche per il fatto che molti argomenti proposti non venivano trattati nelle programmazioni vigenti.
Non si capiva inoltre come questo tipo di richiesta potesse dare elementi validi per una valutazione degli apprendimenti a livello nazionale; sembrava infatti che fossero state ideate da persone estranee al lavoro nelle classi, costruite cioè su un modello teorico ma poco realistico.
In seguito, grazie all’iniziativa di alcuni presidi che ho avuto come guida, ho partecipato a seminari sul tema in cui si potevano ascoltare gli esperti che preparavano le prove per conoscere meglio i criteri con cui venivano formulati i quesiti, quali conoscenze andavano ad indagare e dove si poteva comprendere l’importanza di tale rilevazione (pur rimanendo limitata a due discipline, senza considerare tutti gli apprendimenti proposti dalla scuola).
Nel corso degli anni si è avuta l’impressione che i quesiti formulati siano divenuti meno dissonanti rispetto al lavoro svolto quotidianamente. Questo si spiega da un lato perché le strategie della didattica sono cambiate, promuovendo nuovi strumenti e assumendo prospettive diverse; dall’altro perché si prendeva maggiore confidenza con questo tipo di prove esercitando gli alunni sui test degli anni precedenti, messi a disposizione sul sito dell’Invalsi (che è diventato, negli anni, fruibile e funzionale, utile per conoscere il quadro normativo e tutti i riferimenti e le informazioni sui vari argomenti).
È evidente la necessità di un sistema che rilevi come gli alunni di tutta la nazione reagiscano a determinati quesiti, almeno delle discipline principali, per avere un quadro a livello regionale e generale, ma è necessario che certi strumenti siano ben conosciuti non solo da chi li costruisce ma anche da chi li utilizza e viene giudicato mediante le risposte ottenute.
Molto avversata è stata la decisione di imporre le prove all’interno dell’esame conclusivo di Stato del primo ciclo, a partire cioè dall’anno 2008/2009 ove le prove scritte erano ben cinque (italiano, matematica, lingua straniera 1, lingua straniera 2 ed Invalsi) ed inoltre spesso la valutazione delle prove Invalsi incideva negativamente sul profitto degli alunni.
A cadenza quasi annuale venivano eseguite modifiche nella legislazione che regola queste prove: sono state estese alle scuole di secondo grado, attualmente si deve sostenere anche una prova in lingua straniera (sia ascolto che scritta) al termine del primo ciclo. Inoltre dal 2014 la somministrazione delle prove Invalsi è finalizzata al miglioramento dell’offerta formativa e contribuisce alla valutazione delle scuole (sia come autovalutazione che come valutazione esterna), pertanto diventa un’osservazione importante dell’aspetto educativo del territorio.
Il processo di autovalutazione delle scuole è assai complesso e ci sono molti aspetti che vi confluiscono e anche sui vari strumenti e criteri per realizzarli vi sono diverse perplessità; comunque, il lavoro è avviato e prosegue regolarmente.
Per il corrente anno scolastico il sostenimento delle prove Invalsi non costituisce requisito necessario per l’ammissione all’esame finale conclusivo (come si legge nell’art. 5 dell’O.M. che regola l’esame conclusivo di Stato del primo ciclo), pertanto, sia gli studenti che gli insegnanti erano decisamente meno preoccupati.
In sostanza che giudizio dare di tali prove?
Avendole somministrate in una classe terza del primo ciclo, ho potuto constatare che la forma digitale (ove tutto funziona a dovere) è piuttosto funzionale per tutti gli alunni. Per italiano, in cui si valuta la competenza della comprensione, si tratta di leggere due brani (uno narrativo e l’altro di diversa natura che comprende dati, grafici e tabelle) e rispondere a quesiti sugli stessi, vi sono domande di lessico e di grammatica.
La prova di matematica proponeva diversi quesiti molti dei quali richiedevano prontezza di osservazione e ragionamento ma non mi sono sembrati, da osservatore esterno, troppo complicati, cosa che i ragazzi hanno confermato.
Le richieste sono apparse adeguate sia per la difficoltà dei quesiti sia per i tempi richiesti per lo svolgimento, e ho notato che le maggiori difficoltà sono state riscontrate dagli studenti nella prova di lingua straniera che prevede un livello di conoscenza piuttosto elevato.
Trovo poco funzionale, soprattutto nell’ottica dell’autovalutazione, che a conclusione della prova non si possa confrontarsi sui vari quesiti; le prove somministrate non sono più disponibili, dal momento che verranno corrette dal sistema nazionale ed insegnanti e studenti ne conosceranno l’esito successivamente.
Sarebbe importante invece poterle rivedere con l’insegnante di riferimento per capire quali quesiti sono risultati più ostici e perché, quali ragionamenti si sarebbero potuti mettere in atto per risolverli, se ce ne fossero di più rapidi o meno.
Proprio perché sono prove che non vengono preparate dagli insegnanti curricolari avrebbero bisogno di un ripensamento critico a posteriori.
Avere a disposizione le prove appena affrontate sarebbe opportuno, infine, per approfondire gli argomenti trattati, confrontarsi sulle modalità di risposta ed anche avere un riscontro immediato sull’esito della prova anche se non è quello ufficiale.
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