L’intervista al neoministro Valditara, nel programma Mezz’ora in più condotto da Lucia Annunziata il 13 novembre, è stata un’occasione del tutto mancata per parlare di scuola. Niente di niente. Quali le novità, le priorità, il ruolo dei docenti, un’osservazione sul “merito”. Niente.
L’intervista è iniziata con la domanda “Che cos’è per lei avere un padre partigiano ed essere in un governo di destra?”, ed è proseguita su questo tenore, parlando quasi esclusivamente del caso politico-ideologico scoppiato con la lettera inviata dal ministro alle scuole in occasione della giornata della libertà del 9 novembre scorso. La Annunziata si è inserita nella polemica conducendo per 15 minuti l’intervista nel filone dei soliti temi identitari destra-sinistra, nazionalismo-sovranismo, per finire con Trump e lo scontro alle elezioni americane di midterm fra repubblicani e democratici. Incappando perfino in una gaffe clamorosa: ha collocato il ministro Valditara in quota FdI, invece che Lega.
Insomma una delusione per chi si aspettava una qualche domanda davvero nel merito della politica scolastica. Per esempio riguardo all’istruzione tecnico-professionale, alla durata della secondaria di secondo grado, al docente esperto o tutor e alla valutazione del merito (si spera non al modo Brunetta-Gelmini degli anni che furono), o anche sulla circolazione attuale del virus nelle aule e i famosi impianti di aerazione.
Una cosa comunque è stata lampante: la scuola a livello mediatico proprio non interessa. Forse, purtroppo neppure alla società in generale. Se ne parla soltanto quando accade il caso eclatante. Oppure si cerca solo un pretesto per alimentare furiose polemiche che fanno audience.
Ma cosa ha fatto il ministro Valditara di così provocatorio per suscitare un’ondata di sdegno e aizzare gli animi di tutta la sinistra?
Il 9 novembre ricorre il Giorno della libertà, istituito con la legge 61/2005, allo scopo di ricordare l’abbattimento del muro di Berlino, “evento simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo”. “Vengono annualmente organizzati cerimonie commemorative ufficiali e momenti di approfondimento nelle scuole che illustrino il valore della democrazia e della libertà evidenziando obiettivamente gli effetti nefasti dei totalitarismi passati e presenti”. Così recita il comma 2.
Quest’anno, il ministro ha ritenuto opportuno inviare una lettera, neanche tanto lunga o elaborata, nella quale è scritto fra l’altro che “La caduta del Muro dimostra l’esito drammaticamente fallimentare del Comunismo”, una grande utopia rivoluzionaria, nata come il sogno di una rivoluzione radicale per il bene dell’umanità, ma diventata un incubo dove è prevalsa. “La sua realizzazione concreta comporta ovunque annientamento delle libertà individuali, persecuzioni, povertà, morte”.
Il ministro ha ribadito, anche nell’intervista, che il suo intervento vuole essere un invito alla discussione e riflessione. Nella lettera, gli spunti in questa direzione oggettivamente non mancano, sia nell’ambito dell’insegnamento della storia che dell’educazione civica. Per esempio il passaggio in cui si sottolinea “Perché l’utopia si realizzi occorre che un potere assoluto sia esercitato senza alcuna pietà, e che tutto – umanità, giustizia, libertà, verità – sia subordinato all’obiettivo rivoluzionario”. Quante volte nella storia abbiamo visto il ripetersi di questa situazione? Oppure quando si dice che il 9 novembre è diventata la “festa della nostra liberaldemocrazia. Un ordine politico e sociale imperfetto, pieno com’è di contraddizioni, bisognoso ogni giorno di essere reinventato e ricostruito”.
Apriti cielo! Per la presidente dei senatori del Pd, Simona Malpezzi, alla denominazione di ministero Istruzione e Merito, “bisogna aggiungere e della Propaganda”. Per il segretario generale della Flc Cgil, Francesco Sinopoli, è una “lettera da Minculpop”. Per il presidente dell’Anpi è “un manifesto anticomunista”. Ma nel 2019, per il 30esimo anniversario della caduta del muro di Berlino, fu lo stesso presidente della Repubblica a rimarcare l’importanza dell’evento celebrato come “un’alba di libertà e l’avvio di un nuovo percorso storico a fine della Guerra fredda, con la sconfitta del totalitarismo comunista”.
Purtroppo osserviamo che negli ultimi due anni molto è cambiato. Il livello di scontro si è radicalizzato su qualsiasi questione. È ritornata prepotente l’ideologia, che nel secolo scorso ha portato a conseguenze catastrofiche. Di momenti di riflessione ne servirebbero tanti, approfonditi, razionali, pacifici, a cominciare dalla scuola certamente. Ma anche la politica e i giornali dovrebbero interrogarsi se il mondo verso il quale ci stiamo avviando è quello che abbiamo voluto e costruito sui valori che sono a fondamento della nostra Repubblica e dell’Unione Europea.
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