Caro direttore,
le dimissioni del ministro Lorenzo Fioramonti proprio nel giorno di Natale rendono purtroppo evidente ciò che da anni era chiaro a tutti: per il mondo della politica la scuola rappresenta una delle ultime preoccupazioni.

Fioramonti ha fallito? Anche, ma non è questo il problema e non lo è nemmeno il fatto che non ci siano i soldi minimi per la realtà della scuola; il problema serio è che la scuola viene considerata un accessorio, da tenere sì, ma senza dedicarci più di tanta attenzione.



Prima ancora della mancanza di quei 3 miliardi vi è qualcosa di ancor più grave ed è la mancanza di considerazione della scuola e dell’educazione. È il grave errore di questo governo come della maggior parte dei governi della prima e della seconda repubblica, che hanno a parole parlato di scuola e della necessità di riforme, ma senza una considerazione e una valorizzazione serie dei soggetti che vivono e fanno la scuola. Questo è ciò che il governo Conte e tanti altri governi non hanno avuto il coraggio di fare: guardare al mondo della scuola come a una risorsa viva, come a un’energia fresca e dirompente capace di dare futuro a tutta la società.



Il dramma cui stiamo assistendo non è la sconfitta di un ministro, ma la messa all’angolo di una scuola con un messaggio chiaro: per la scuola vi è solo spazio per un “fai-da-te”. A questo punto, a carte scoperte possiamo giocare la partita decisiva: il fai-da-te può essere una grande possibilità, quella di costruire la scuola con le energie di cui la scuola dispone. Questo è il coraggio che come scuola ora ci dobbiamo prendere. Dalla politica non ci aspettiamo nulla, ma dalle forze vive e giovani che sono dentro la scuola possiamo far ripartire la scuola stessa, liberandoci dalle pastoie burocratiche che ha imposto la politica e trovando dentro l’esperienza e la capacità creativa di dirigenti, insegnanti e studenti nuove prospettive di conoscenza e di educazione. Finalmente con il re nudo possiamo costruire la scuola che vogliamo, quella che nasce non nei palazzi del potere, ma dentro l’esperienza concreta, prendendo sul serio le domande dei giovani d’oggi.



Con queste dimissioni si apre uno scenario nuovo per la scuola, lo scenario di una nuova responsabilità e di questa bisogna prendersi il coraggio.