Gli episodi di aggressività verso docenti e presidi, perpetrati rispettivamente da alunni e genitori, sono purtroppo ricorrenti e le cronache dei giornali ne danno ampia testimonianza. È evidente che dietro di essi si cela un profondo malessere, che dà luogo a forme di violenza imprevedibili e pericolose. Ma ciò che colpisce maggiormente, dal mio punto di vista, sono gli episodi di aggressione degli insegnanti da parte dei genitori, perché in qualche misura rappresentano un elemento di novità su cui riflettere. Mentre l’ostilità degli alunni verso gli insegnanti ha una sua “tradizione”, se così mi posso esprimere, ancorché oggi tocchi vertici di abbrutimento e talvolta comporti rischi per l’incolumità dei secondi, l’aggressività degli adulti genitori verso gli adulti insegnanti è del tutto inedita. Pertanto vale la pena di rifletterci su.
Tali episodi, ovviamente, hanno radici profonde e non sono riconducibili a cause singole, eliminando le quali tutto tornerebbe al “buon tempo antico”, che restituirebbe a tutti serenità, come suggerisce la pubblicità di alcune rosticcerie che propongono ricette e cibi di una volta. Il malessere che quegli episodi testimoniano e che non giustifica alcuna aggressività (diciamolo subito, a scanso di equivoci) è piuttosto pervasivo e riguarda la scuola come la restante società.
Forse per avere un’idea di ciò basterebbe scorrere le pagine di quel capitolo dell’ultimo rapporto Censis “Sulla situazione sociale del Paese”, relativo al 2023, dal titolo Fermenti e inquietudini sociali. Potremmo registrare, soprattutto mentalmente, i dati relativi alle nuove solitudini degli anziani, alla diaspora degli italiani all’estero (poiché siamo terra d’immigrazione per gli africani, ma contestualmente di emigrazione per i nostri giovani concittadini) e all’incomunicabilità generazionale, che riguarda non solo la scuola, ma l’intera società. Ci viene descritta una realtà di cui gli italiani non sono del tutto consapevoli (non lo è neppure quella parte che costituisce la classe dirigente) e che ci espone ai rischi del sonnambulismo, quando persone dormienti camminano nel buio notturno, inconsapevoli dei pericoli.
Tuttavia, poiché non è opportuno trattare la questione in termini di sociologia generale, è il caso di puntare l’attenzione su qualche elemento specifico.
In questa prospettiva, vale la pena di approfondire, a cinquant’anni dalla loro emanazione, la questione dei decreti delegati del 1974 dei quali non è rimasto molto (per esempio della parte relativa alla questione dello stato giuridico dei docenti, fortemente rinovellata, oppure di quella degli organi territoriali distrettuali, in pratica aboliti), salvo gli organi collegiali, che, invece, mantengono una sostanziale continuità fino a oggi.
Grazie ad essi, mezzo secolo fa, si registrava per la prima volta l’ingresso dei genitori nella scuola, in veste di rappresentanti nei consigli di classe e in quello di istituto. In sostanza i decreti, prendendo atto dell’esistenza di un patto educativo, implicito ma concreto, tra genitori e docenti, puntavano ad animare quel patto stesso con una prassi di governo delle scuole del tutto coerente. Era importante quel patto? Certamente sì, perché, senza di esso, l’educazione non può funzionare, se demandata ai soli docenti: esso creava il cemento educativo su cui fondare l’agire sinergico degli adulti, genitori e insegnanti.
Ebbene, quel patto oggi non sussiste più, anzitutto per lo sfaldamento molecolare della società, come osservava il Censis qualche tempo fa, ma anche per il malfunzionamento degli organi collegiali istituiti dai decreti delegati, al cui interno i soggetti adulti quel patto hanno rescisso. Gli organi collegiali non funzionano, questo è quanto suggerisce la mia esperienza unitamente a quella di tantissimi altri presidi. I genitori che vanno a votare per scegliere i loro rappresentanti sono una sparuta minoranza e una parte consistente degli eletti diserta poi le riunioni.
Perché accade questo? Forse perché i genitori (ma anche gli studenti eletti nelle scuole superiori) avvertono di contare poco. Le decisioni delle scuole sono demandate in gran parte al collegio dei docenti, perché nelle scuole anche le attività minime hanno una valenza educativa e al collegio spetta dirimere tutte le questioni. Ovviamente i genitori non debbono entrare nel merito della didattica, ma il loro ruolo dovrebbe assumere una reale efficacia almeno negli ambiti amministrativi e organizzativi di loro competenza. La qual cosa generalmente non accade.
La rescissione di quel patto, dunque, avrebbe provocato gli scazzottamenti subiti da docenti e presidi? Certamente non vi è un nesso di causalità diretto, perché le persone incivili hanno sempre responsabilità personali. Né gli atti di quelle persone possono essere giustificati da cause sociali o dal malfunzionamento degli organi collegiali. Ma il declino di questi ultimi certamente non favorisce il dialogo tra gli adulti, genitori e insegnanti, che vivono la scuola e ne abitano le dinamiche. Se viene a mancare, le attività educative inevitabilmente ne risentono e la scuola perde il valore simbolico di spazio significativo e autorevole per gli apprendimenti.
Tutto ciò, ovviamente, incide anche nello sperdimento delle anime di quei giovani che aggrediscono i docenti (e anche in questo caso non vogliamo assolvere nessuno). Un’insufficienza o una bocciatura non hanno più il significato simbolico di una tappa all’interno di un percorso di crescita, che può e deve essere riattivato anche a seguito di quelle negatività, ma esprime solamente la malevolenza del docente.
Per questo sono contrario al partito di chi vorrebbe tutti i genitori fuori dalla scuola e ripropongo invece il tema delle alleanze educative tra adulti. I genitori non debbono essere estromessi, perché la questione educativa non appartiene ai soli docenti. Nella scuola molti ne sono consapevoli, ma non traggono le necessarie conseguenze rispetto alla governance delle scuole stesse, cioè ai decreti delegati, che devono essere riformati.
Di tutto ciò si dibatterà nel convegno che avrà luogo a Firenze, nei giorni 16 e 17 febbraio 2024, nel Salone dei Cinquecento a Firenze, dal titolo Ancora oggi dopo mezzo secolo… La riforma im/possibile dei decreti delegati del 1974, un convegno che, almeno dal punto di vista delle iscrizioni, sta riscuotendo un eccezionale successo.
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