Il tema della disciplina è certamente centrale quando si opera nella scuola, sempre di più è necessario saper tenere la classe per trasmettere saperi e conoscenze. Annualmente vengono proposti ai docenti corsi di aggiornamento sul come gestire le conflittualità, sull’apprendimento di strategie per le classi difficili ed in effetti c’è molto da imparare sulla questione.
Si discute molto in questi giorni sul voto in condotta e sui provvedimenti da adottare verso chi non rispetta in modo grave le regole. Ogni istituto scolastico ha un proprio regolamento di condotta, con criteri articolati in vario modo per poter sanzionare i comportamenti scorretti. Il consiglio di classe rimane però l’organo decisionale per così dire supremo sull’applicazione del regolamento.
È fondamentale che siano le persone che meglio conoscono il discente a deliberare sull’eventuale sanzione, perché nel processo educativo la regola va fatta rispettare ma in modo umano, attraverso un rapporto che accompagna l’alunno al ripensamento e alla comprensione del proprio errore.
È una questione di autorevolezza: più si stabilisce una relazione onesta e rispettosa, più il docente si mostra attento e capace più le situazione conflittuali tendono a risolversi.
Una mia collega che ha chiesto il passaggio di ruolo alla scuola superiore mi raccontava di quanto si sia trovata in difficoltà le prime settimane in un istituto professionale. Mi ha confessato che letteralmente piangeva ogni giorno tornando a casa. Il culmine è stato raggiunto quando i ragazzi hanno riempito di disegni osceni la parete occupata dalla lavagna. Qui la collega senza perdere la calma ha mostrato come questa mancanza di rispetto, fine a se stessa, sviliva il valore delle persone oltre ad arrecare un danno fisico all’aula. Così ha proposto a tutti i componenti della classe di ripristinare con vernice e pennelli lo status quo. La giovane prof si è occupata dei permessi ed è stata presente quando avvenivano “i lavori”. Da quel momento non ha più faticato a fare lezione, è scesa a patti con i suoi studenti sulle modalità di lavoro (qualche pausa, qualche film, qualche gioco) ma ha guadagnato la stima dei ragazzi e allo stesso tempo il rispetto delle regole.
È importante la relazione che si crea, più del regolamento, perché le note disciplinari o le sospensioni se applicate rigidamente non risolvono le questioni anzi rischiano di diventare inefficaci e di alimentare il gioco dei “ribelli” (migliore reputazione gode lo studente che ne riceve di più).
Salvo poi lavorare col ragazzo e mostrare come lo svilimento del comportamento porta allo svilimento di sé, cercare di stabilire una relazione di fiducia in cui si cerca di capire il bisogno dello studente e trovare la modalità per recuperare proprio come ha fatto la mia collega.
Si parla di attività speciali da realizzare nell’ambito dell’educazione civica, si moltiplicano i progetti contro il bullismo, contro la discriminazione ma poi si lavora poco all’interno delle dinamiche di classe. I ragazzi vanno guardati con onestà e vanno saputi motivare, incuriosire, altrimenti le belle attività risultano astratte (per quanto concepite con la massima cura e competenza).
La didattica laboratoriale, i lavori a coppie o di gruppo, la possibilità di fare esperienza di care giving, invitare associazioni su temi particolari con cui poter discutere, sono strumenti utili per scardinare l’idea che le regole sono utili solo se le si infrange.
È tanto il lavoro da fare ma ci sono numerose esperienze condotte in varie scuole che funzionano e che si possono tenere in considerazione. Sono puntualmente esaltate le occasioni di sconfitta della scuola, ma raramente o solo in ambiti ristretti si dà conto delle attività positive. Anche su questo c’è da riflettere.
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