Sofia era arrivata presto al centro di aiuto allo studio, aveva il volto raggiante.

“Ieri sera – aveva detto alla segretaria – ho aspettato fino a mezzanotte e proprio a quell’ora in punto sono stati pubblicati i voti sul registro elettronico!”

“Come è andata?” aveva detto allora la segretaria incuriosita, ma il suo sguardo parlava da sé.



“Bene, bene! Finalmente tutte sufficienze!

“Brava!” aveva allora commentato la segretaria.

“Non sai come sono stata contenta di vedere tutto scritto in nero, neanche un rosso!” La ragazza era proprio felice, non stava nella pelle e a tutti quelli che entravano al centro diceva la sua soddisfazione.

“Te lo sei meritato” le aveva detto il professore di italiano che l’aveva aiutata come volontario durante quel primo quadrimestre. Sofia non se l’aspettava quel giudizio da un professore che era stato duro con lei e le aveva fatto fare tanta fatica.



“Grazie anche a lei, che ha fatto tanto per me!”

Il prof l’aveva fissata, “senza di te non sarebbe successo nulla”, le aveva risposto, ed era entrato nella sua stanza per aiutare i ragazzi e le ragazze che avevano bisogno di lui.

Il prof di italiano si era trovato di fronte ad un ragazzo, Youssef, che aveva la faccia all’opposto di quella di Sofia.

“Che cosa c’è?”

“Niente!” aveva risposto Youssef.

“Non la racconti a nessuno” lo aveva incalzato il professore.

“Sono messo male!”

“Cioè?”

“Italiano, storia, matematica e inglese.”

“Me lo aspettavo” gli aveva allora detto il prof. di italiano. “Cosa vuoi che ti dica?”



“Niente! Lasciamo perdere.”

“Lasciamo perdere? Neanche per idea! Devi capire come mai. Non passarvi sopra come se con la tua indifferenza potessi ripartire da capo.”

“Tanto lo so che quest’anno finirà male, qualche esame me lo prendo di sicuro.”

“Queste lamentazioni sono inutili, la questione è più semplice, devi ritrovare il bandolo della matassa.”

“Prof è semplice, non mi interessa questo tipo di scuola, perché dovrei fare tanta fatica a studiare Dante e Petrarca che con me non c’entrano nulla. Mi dica perché. A che mi serve?” aveva ribattuto Youssef chiudendosi a riccio nelle idee che si era fatto.

In quel momento era entrata Nour a sventolare i suoi risultati del primo quadrimestre. “Prof, tutte sufficienze tranne inglese che proprio non riesco ad imparare. Però tutte le altre materie sono andate bene!” aveva detto Nour con grande entusiasmo.

Youssef di fronte a quel successo aveva chinato la testa guardando con gli occhi il pavimento. Nour se n’era accorta.

“Che cosa c’è Youssef?”

“Mi sento un verme” aveva risposto sommessamente il ragazzo a Nour.

“Un verme? Ma che dici? Io fisica l’ho imparata grazie a te, ricordi?”

“Certo! Ma io di insufficienze ne ho!”

“E allora? Hai anche la capacità di rimediarvi! Io l’ho visto da come mi hai spiegato fisica quel giorno. Sono sicura che hai tante energie positive tue!”

“Diglielo, ripetiglielo!” aveva incalzato il prof di italiano.

“Prof io non ho energie per riprendere, su che cosa devo far forza?”

Il prof di italiano lo aveva guardato e riguardato, era stata una pausa lunghissima, Youssef aveva pensato che non sapesse cosa rispondere.

Poi d’improvviso e inaspettata era giunta la risposta. “Da Nour! Riparti da Nour, dal giudizio che ha dato su di te e che vale di più di tanti richiami alla forza di volontà che avrai già sentito, e che ti avrei fatto anch’io se non avessi sentito Nour!”

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI