Stupore e curiosità. Quando entro in un grande istituto scolastico superiore alle porte di Milano sto ancora cercando di decifrare il messaggio degli amici del Sussidiario: “Guarda che queste ragazze e questi ragazzi vogliono sapere proprio tutto di un servizio televisivo ed in particolare come si impostano le telecamere per le interviste, come si prepara il testo, come si monta il video”. All’ingresso mi aspettano le professoresse. Metto le mani avanti: “Immagino che vogliano sapere tutto dei social, vogliano sapere dei video per le piattaforme che usano i giovani della Gen Z”. Ecco il primo choc: “No, no… vogliono proprio conoscere la tv tradizionale”. Arrivo in classe e quelli che incontro non sono marziani. Sono giovani che volontariamente si sono iscritti ad un corso, organizzato da FLA (Fondazione Lombardia per l’Ambiente) in collaborazione con Associazione ToGether, e ai quali la scuola ha messo a disposizione telecamere, microfoni e montaggi. Strutture interessanti: c’è tanto di quel materiale da far invidia ad una redazione professionale. Stupore e curiosità, era il primo pensiero… e difatti c’è veramente molto da vedere e capire qui a Corsico, all’Istituto di Istruzione Superiore Falcone Righi.



Il corso prevede una prima lezione incentrata su “cosa vuol dire fare il giornalista oggi”, “quali criteri seguire”, “il momento del servizio”, “la struttura del servizio”. Bastano pochi minuti per lasciare sul tavolo il foglio con la struttura così ben pensata. Perché la “loro” curiosità è più forte del programma e per 90 minuti il dialogo è incalzante per le tante domande. Se è vero che non sono riuscito ad abbattere la barriera del “lei” (sono forse intimoriti dai miei capelli bianchi?), per il resto non si sono negati alcuna curiosità sul lavoro del giornalista, sui personaggi della tv, sui mezzi di ripresa e montaggio. E i social? Ah sì – mi rispondono – ci sono anche quelli, ma vogliamo capire meglio il resto.



Al primo incontro sono seguiti un secondo ed un terzo appuntamento, con tante domande sulla tecnica (ripresa, illuminazione, microfoni, inquadrature, modo di fare le domande, preparare la scaletta, scrivere il testo, fare lo speak, montare il servizio, sonorizzarlo, fare i titoli). La “loro” curiosità mi ha felicemente sorpreso, ma lo stupore è tornato a farmi visita quando pensavo che la fine del corso fosse distante appena una decina di minuti. Invece, “loro” si sono fatti improvvisamente vicini e mi hanno fatto comprendere che non poteva finire così e che sarebbe stato bello tramutare quei 3 incontri in qualcosa “di concreto”. Concreto?… E come? Concreto come un servizio tv per raccontare qualcosa con immagini, parole e suoni. Concreto come un video per un concorso tra scuole. Allora hanno svelato l’asso nella manica: le immagini ci sono già, fatte un mese prima. Non tutte, ma quante bastano per iniziare. In pochi minuti, tutti in piedi per pianificare il progetto, decidere la scaletta, ipotizzare un piano di produzione, stabilire le nuove riprese necessarie, impostare i dialoghi e il montaggio, assegnare compiti e ruoli.



Per alcuni mesi ci siamo tenuti d’occhio a distanza ed hanno completato il servizio mentre si preparavano alla maturità o studiavano per la fine dell’anno. Il video è stato realizzato. Bello come deve essere la “opera prima” di un gruppo di ragazze e ragazzi innamorati di quello che stanno facendo. Bello quanto basta per essere ricordato. Bello perché forse non riceverà il Premio Pulitzer ma rimarrà sempre nel ricordo di quanti hanno partecipato con entusiasmo al progetto. Quanto a me, sono stato a guardarli fino alla fine, sinceramente dubbioso della capacità di portare a termine questo compito. Sono stato smentito e sono felice di essere stato sconfessato. Adesso stupore e curiosità vanno a braccetto: cosa riusciranno a fare queste ragazze e questi ragazzi così convinti di poter scalare le montagne?

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