Caro direttore,
finalmente un cambio di rotta nell’annosa discriminazione nei confronti delle scuole paritarie. La scuola pubblica da 23 anni dovrebbe respirare a due polmoni, statale e paritaria, eppure, dalla storica legge 62/2000, voluta dall’allora ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer (Pds), questo non accade. Le scuole paritarie si trovano ad essere le cenerentole del sistema scolastico, perché subiscono un radicato pregiudizio ideologico. Chi si occupa di scuola invece sa bene che sono un’enorme risorsa, che spesso sono le uniche presenze in territori difficili, che lavorano in condizioni meno agevoli delle scuole statali pur di assolvere alla loro missione educativa.



Tra i requisiti per la parificazione, le scuole devono garantire docenti abilitati, ma dal 2015 non c’è possibilità di abilitarsi per chi vuole lavorare nelle paritarie e questo vuoto temporale pone tanti istituti a rischio di perdere il requisito. Sappiamo che non ci sono stati controlli negli ultimi anni per una tacita convenienza, infatti c’è piena consapevolezza che se gli studenti delle scuole libere si iscrivessero alle statali il sistema andrebbe al collasso, ma una cosa è vivere per benevolenza del potere, altro è avere sancita per legge una regolarizzazione.



Ecco, oggi, grazie all’impegno di tante associazioni di settore e del network “Ditelo sui tetti”, che raccoglie circa cento associazioni (suitetti.org), il ministro Giuseppe Valditara e il Parlamento, su iniziativa del deputato Lorenzo Malagola, hanno posto rimedio ad una duplice ingiustizia: mancanza di percorsi abilitanti per insegnanti, e conseguente mancanza di requisiti per la parificazione. Nell’emendamento al DL 75/23, c.d. PA bis, in corso di conversione alla Camera dei deputati, si prevede che i docenti, sia delle scuole paritarie che statali, con 36 mesi di servizio, possano accedere ad un percorso abilitante agevolato. L’iter in questione prevede 30 crediti formativi universitari, invece di 60, da poter conseguire dal prossimo anno accademico.



È la prima volta che si riconosce pari dignità al servizio svolto nelle scuole paritarie rispetto agli anni lavorati nelle statali. È una posizione di principio, oltre che pratica, di non poco conto: se la scuola pubblica è una, lavorare in un ambito o nell’altro ha la stessa valenza. È una condizione di equità giuridica e professionale. La stessa Costituzione impone allo Stato di “assicurare” alle scuole paritarie “piena libertà e un trattamento scolastico equipollente” a quello “delle scuole statali” (art. 33, comma 4).

Altro aspetto importante dell’emendamento è la regolarizzazione delle scuole paritarie, che per un periodo transitorio di tre anni sono sollevate dal requisito di avere docenti abilitati per il riconoscimento della parificazione. Il periodo temporale è stato calcolato in base alla capacità di assorbimento degli atenei, che dovranno consentire ai 15mila precari delle paritarie la possibilità di accesso ai percorsi abilitanti con 30 crediti.

Regolarizzare la posizione delle scuole e garantire personale qualificato è doveroso verso un mondo che da sempre con ogni sforzo cerca di assolvere al proprio compito educativo. Uno Stato pluralista ha bisogno di una scuola libera, altrimenti cade nell’egemonia della scuola di Stato, cosa che non esiste in alcun Paese democratico. L’Italia resta quasi l’unica in Europa a non prevedere aiuti adeguati alle famiglie affinché possano assolvere all’obbligo costituzionale previsto dall’art. 30 della Costituzione, che imputa alla famiglia il dovere-diritto di educare i figli, attraverso l’esercizio di una piena e consapevole scelta educativa. Dare la possibilità a molti docenti precari delle scuole paritarie di abilitarsi, li metterà in condizione di stipulare contratti a tempo indeterminato, uscendo dalla piaga di un precariato ad oltranza, che li condanna a rinunciare ad una piena realizzazione professionale e ad una legittima pianificazione del proprio futuro.

La norma che entrerà in vigore porrà fine ad una profonda ingiustizia sociale e ad una intollerabile discriminazione tra lavoratori. Forse siamo all’inizio di una svolta epocale: è necessario, infatti, che il legislatore quando legifera sulla scuola consideri sempre la presenza del settore paritarie, senza lasciare alle scuole non statali l’onere gravoso di arrancare in rivendicazioni o questue che ledono la dignità del loro ruolo, dei professionisti che vi operano e delle famiglie che le scelgono. Aspetto molto significativo: l’emendamento in questione è l’esito del lavoro sinergico tra realtà associative, che si sono mosse in maniera unitaria nelle richieste al ministro. Lo stesso network “Ditelo sui tetti”, nel corso del convegno “A cosa serve la scuola?”, tenutosi a Milano il 5 giugno scorso, aveva sottoposto al ministro Valditara una serie di proposte concrete per realizzare una effettiva libertà di educazione.

Fra queste anche alcune relative proprio alla inaccettabile discriminazione giuridica verso i docenti delle paritarie, a cui il ministro già in quella sede aveva annunciato risposte concrete. Si è quindi avviato nelle settimane successive un dialogo con lo stesso ministro e con altri esponenti del Governo e del Parlamento, fra cui il sottosegretario Mantovano e l’onorevole Malagola, come anche con l’importante circuito di associazioni scolastiche Agorà della parità, dialogo che ha consentito di affinare ipotesi costruttive e trovare spazi normativi adeguati, realizzando una proficua interlocuzione tra associazioni e istituzioni. L’unità è un metodo valido anche in questo ambito.

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