Luca Ponzoni, membro del consiglio di amministrazione delle Cooperative che gestiscono le scuole Regina Mundi, descrive le sfide del presente e del futuro e il compito che una scuola paritaria, e in particolare una scuola paritaria cattolica, è chiamata a svolgere nella società contemporanea. Come ad esempio tradurre in azioni concrete quella vocazione all’inclusività cui le scuole Regina Mundi ispirano oggi la propria azione, con un programma di borse di studio aperto alle famiglie che desiderino iscrivere i propri figli ma che non dispongano delle risorse per farlo. Perché l’inclusività è un principio che, anche nelle scuole paritarie, può e deve stimolare la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento. Un valore peraltro coerente con quell’idea dell’educazione come esperienza già raccontata sulle nostre pagine da Francesco Crotti, presidente della Cooperativa.



Qual è il compito di una scuola cattolica oggi?

Innanzitutto le direi: la scuola cattolica è un luogo in cui nella relazione tra adulti-maestri e ragazzi-studenti si impara a vagliare ogni cosa e cogliere, trattenere e imparare quello che vale, attraverso un’ipotesi di senso per cui ciascuno è scelto per essere protagonista di una realtà positiva perché – come ci ricorda il Natale – il divino si è fatto uomo. Questo vale per qualsiasi scuola cattolica.



E il compito che si prefigge la Scuola Regina Mundi in particolare?

Il compito della nostra scuola è tutto questo nello specifico di luogo, anche proprio di quartiere, di tempo, di storia di questa realtà che nasce dall’esperienza di un ordine religioso e che oggi prosegue attraverso una cooperativa di genitori.

In che cosa si esprime questo compito?

Oggi noi abbiamo davanti tre grandi sfide. La prima è custodire nel cuore di tutte le nostre persone – i ragazzi, gli insegnanti, i presidi, il personale e noi membri del Cda – questa grande ipotesi positiva, dentro la fatica della didattica a distanza e di una incertezza costante sul futuro.



 Le altre due?

Ripensarsi continuamente per capire quali siano gli strumenti più pertinenti per i ragazzi per affrontare il mondo di oggi: il bilinguismo, le tecnologie, l’internazionalizzazione, le soft skills, potrei dire oggi, domani magari se ne aggiungeranno di nuovi. E la terza è, idealmente, dare la possibilità a chiunque lo desideri di venire nella nostra scuola. Questo è un punto molto serio, sia perché la Scuola Regina Mundi è collocata geograficamente in zone periferiche della città, e questo significa che alle famiglie che ci scelgono è richiesto un sacrificio economico importante, sia perché siamo e vogliamo continuare ad essere una scuola che accoglie.

Quali sono le difficoltà principali?

In questo senso l’aspetto più delicato è proprio legato al tema economico, specialmente in un periodo di incertezza come questo. Le scuole paritarie scontano una iniquità radicale del sistema che pretende che lo Stato sia l’unico soggetto titolato a fare scuola a spese dei contribuenti, cioè a spese di noi tutti. È come se la scelta di un ambito di educazione improntato a una concezione della vita (religiosa o laica non è qui il punto) – oltre che di qualità – fosse un lusso o un vezzo che la famiglia debba pagarsi di tasca propria. Come se lo Stato fosse titolato a decidere per conto e al posto delle famiglie la qualità e l’orientamento educativo della scuola dei nostri figli.

A chi sta pensando in particolare?

Ci sono famiglie che, nonostante un desiderio e un interesse, nemmeno pensano di mandare i loro figli nella nostra scuola, perché ritengono di non potersela permettere.

Per questo avete deciso di intervenire sul sistema delle borse di studio?

Esattamente! Noi, o alcuni di noi, o realtà associative come la Foe o Agesc e anche altre, proseguiamo la battaglia culturale e di sistema, ma contemporaneamente abbiamo pensato di dover fare qualcosa subito, non aspettando una soluzione dall’alto.

E quindi?

Quindi abbiamo deciso di rivoluzionare il nostro sistema di accesso agli aiuti economici per dare la possibilità a chiunque voglia iscrivere i propri figli nelle nostre scuole di farlo, illustrando le ragioni della richiesta, supportata da documenti indicativi della condizione reddituale, dando anche responsabilmente un’indicazione sull’importo di aiuto richiesto. La grande scommessa sulla libertà delle famiglie è che questo sistema possa consentire una tenuta economica nel lungo periodo, accogliendo bambini, ragazzi e famiglie che non potrebbero permettersi la retta piena. È una grande iniziativa, non trova?

L’inclusione e l’accoglienza come elementi che stimolano la competitività anziché limitarla, di conseguenza alzano anche la qualità dell’esperienza scolastica?

È una bella domanda ed è un tema a cui tengo particolarmente; risponderei con due punti. Il primo è questo: il compito su cui occorre misurare un’istituzione scolastica è l’educazione, non la selezione. La misura della qualità del lavoro di una scuola è il percorso, la strada, sulla quale ogni studente è accompagnato.

Il secondo?

Questo sguardo di accoglienza, custodito ed educato, può rendere i nostri figli “cittadini” migliori. Migliori perché più buoni, più aperti, più intelligenti, più capaci di adattarsi al cambiamento. Da questo punto di vista pensi a cosa significa per un ragazzo un ciclo scolastico avendo per compagno di classe un bambino con disabilità magari grave, accompagnato passo per passo dagli adulti in un percorso di senso che tiene presente proprio lui o lei, le sue fatiche, i suoi talenti e i suoi progressi.

Cosa avete in mente per il futuro?

La sfida del futuro secondo me è proprio a questo livello: qualità e inclusione. In questo senso il primo progetto è quello del bilinguismo, avviato parallelamente all’internazionalizzazione, che potrà svolgersi solo finita la pandemia (speriamo a breve). La chiave però è non smettere di continuare a ripensarsi per rispondere alle esigenze che si pongono, fedeli all’origine: le scuole cattoliche o di ispirazione cattolica nascono per via di quel bambino, Gesù, che duemila anni fa è entrato nella storia.

(Emanuela Giacca)