Israel Katz è tra i più fidati consiglieri ed alleati di Netanyahu all’interno del governo di Israele, dove ha il ruolo di Ministro degli Esteri, e recentemente è stato in visita a Roma, dove ha incontrato oltre agli esponenti del governo italiano, anche la redazione di Repubblica, con la quale ha parlato a lungo del futuro del conflitto contro Hamas. Da settimane, infatti, si sono moltiplicate le voci internazionali contro il governo israeliano, che intende invadere la città di Rafah, dove ritiene si trovino gli ultimi battaglioni dei miliziani palestinesi, mentre dall’Iran, dal Libano e dallo Yemen si intensificano le minacce di allargamenti del campo di battaglia.



Israele, però, precisa con ferma chiarezza Katz, che almeno in merito all’accaduto a Damasco, “non ci siamo assunti le responsabilità, ma l’Iran ha annunciato che farà una rappresaglia contro di noi” e confermando che “non ci spaventa”, promette anche che “se ci attaccano direttamente, risponderemo“. Similmente, se le ingerenze dovessero venire dal Libano o dallo Yemen, “Israele manderà gli aerei e anche i soldati”, così come muoverà guerra “contro Beirut” nel caso i miliziani di Hezabollah non si ritirino “dietro il fiume Litani” come deciso dall’Onu. Il problema secondo Katz, però, è che “l’Occidente non sta prendendo seriamente in considerazione il pericolo Iran”, invitando caldamente “l’Europa, gli Stati Uniti e l’Onu [a] fermare l’Iran ed evitare che si doti dell’atomica“.



Israel Katz: “L’Onu è antisemita, non ha mai condannato Hamas”

Parlando poi strettamente di quanto sta accadendo (e accadrà in futuro) nella Striscia di Gaza, Katz conferma che, dopo il ritiro dal Sud, “per noi non cambia niente, procediamo con operazioni militari mirate”, sottolineando anche che Israele “entrerà a Rafah” e che un eventuale “cessate il fuoco” tarderà solo la missione, ma non la farà annullare. Anche sul dopoguerra le idee del governo israeliano sembrano essere chiare e precise ed, infatti, Katz sostiene che “non vogliamo stare a Gaza“.



L’idea sul tavolo sembra essere quella di lasciare la Striscia alla “comunità internazionale, una volta sconfitta Hamas”, con la sola richiesta che “chiunque verrà deve lasciare a Israele la possibilità di intervenire sul tema della sicurezza” come già accade con la Cisgiordania. Ipotizzando la soluzione dei Isra, però, Katz sottolinea che si tratta di un’alternativa “impossibile”, perché “nessun leader politico sostiene quell’ipotesi. La nostra opinione pubblica non vuole più che la sicurezza dello Stato ebraico dipenda dai palestinesi”, mentre Israele punterebbe ad un “negoziato diretto con i palestinesi, con chi è al potere, per trovare un modo per convivere“, senza che vi siano “precondizioni”.

Chiudendo, infine, l’intervista, Katz ha parlato anche dell’Onu, giustificando la sua accusa di antisemitismo con il fatto che “si sono tenute 41 sedute del Consiglio di Sicurezza” nel corso delle quali “Guterres non ha mai condannato i crimini di Hamas“. Mentre con gli Stati Uniti conferma che “concordiamo sull’obiettivo finale e cioè eliminare Hamas”, mentre le ultime tensioni con Israele “vertono sul tema umanitario e su come evitare di colpire i civili”.