Il rischio di terza guerra mondiale a causa di un’escalation in Ucraina è concreto per Vittorio Emanuele Parsi, secondo cui ora siamo in una fase nuova, che va oltre la Guerra fredda. «Qualcuno ha scelto di ricorrere alla guerra per modificare lo status quo in assenza di qualsiasi puntuale pericolo o minaccia o disordine», dichiara al Giornale il professore di Relazioni internazionali nella facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dal 2002 insegnate anche nella facoltà di Economia dell’Università della Svizzera italiana di Lugano. Mentre la Guerra fredda si basava sull’interesse a non modificare i confini, ora la logica si è invertita.



Parsi allontana poi i paragoni con Vietnam e Corea. Il primo è «per certi versi un caso a parte», ma comunque «era solo la continuazione della lunga guerra di indipendenza vietnamita». Per quanto riguarda la Corea, «Mosca l’ha subita, è stata coinvolta». Invece in Ucraina l’aggressione è stata pianificata dalla Russia, quindi la situazione è differente. Ci sono al massimo similitudini con la Seconda guerra mondiale secondo Vittorio Emanuele Parsi, «perché abbiamo a che fare con un feroce dittatore che mente in maniera sistematica». Per il direttore dell’Alta scuola di Economia e Relazioni internazionali «il livello sistematico e deliberato di distruzione che porta avanti la Russia non trova paralleli con fatti recenti».



“SCAMBI MONDIALI NON BASTANO PER CREARE PACE”

Per quanto riguarda la Grande guerra, la similitudine maggiore per Vittorio Emanuele Parsi riguarda gli «errori strategici e di valutazione commessi dai russi». C’è stato un errore di calcolo, un errore che si vuole correggere aumentando l’uso della forza nella guerra in Ucraina. «Come nella Prima guerra mondiale dobbiamo prendere atto che la costruzione di una rete di scambi mondiali non basta a stabilizzare i rapporti tra nazioni. Non basta», spiega al Giornale. C’è un enorme differenza comunque per il politologo: «Per fortuna il mondo è fitto di istituzioni internazionali, sia regionali sia globali, che si basano sulle regole e sui valori delle democrazie». Il riferimento è alla Nato, all’Ue e all’Onu. «Questo da manforte ai principi che le democrazie oggi difendono contro la Russia. Nel 1914 e nel 1939 non c’era niente di simile». Parsi non accetta neppure paragoni tra la politica verso la Germania dopo la Grande guerra e quanto accaduto con la Russia dopo la Guerra fredda, che non è stata combattuta. Inoltre, «la responsabilità della Nato quindi è molto più bassa», non c’è stato un vuoto di potere in Russia e poi c’è stata la lotta al terrorismo che è diventata la priorità.



«E Putin su questo fronte si è offerto subito. Ed è avvenuto uno scambio. In politica questo è comprensibile. Il popolo americano guardava a quello. Dal 2006 le cose sono iniziate a cambiare ma la presa di coscienza è stata molto lenta per motivi economici. Adesso ci siamo risvegliati», osserva Vittorio Emanuele Parsi. Sullo sfondo ci sono questioni economiche. «Anche in Donbass c’è una questione mineraria rilevantissima». E questo ha il suo peso nella guerra in Ucraina su cui ora sono tutti concentrati, anche se ci sono altre zone a rischio. «Se la Russia dovesse prevalere in Ucraina possiamo firmare adesso che ci sarà una corsa verso il conflitto a Taiwan. Quindi è fondamentale mandare il messaggio giusto a tutti, oltre che difendere un principio su cui non ci possono essere compromessi…», conclude Parsi.