«Le autorità italiane hanno assegnato a Sea Watch 3 il porto di Pozzallo (Ragusa). Le persone a bordo, dopo tanta sofferenza, potranno finalmente sbarcare in Europa»: ad annunciarlo è direttamente l’ong tedesca che gestisce la nave di salvataggio nel Mediterraneo, la stessa per cui lavorava come capitano l’attivista Carola Rackete. Il Viminale e la Marina hanno così concesso l’assegnazione del porto in Sicilia alla nave carica di rifugiati salvati in mare aperto.



I gestori della Sea Watch hanno fatto sapere che a bordo vi sono 406 migranti in tutto, salvati nei giorni scorsi nel giro di “pattugliamento” nella zona Sar libica: stamane, informa “La Stampa”, la nave si trovava tra la Sicilia e le Eolie e dovrebbe giungere solo in serata al porto di Pozzallo dopo aver navigato nello Ionio lungo la costa orientale della Sicilia. La prefettura di Ragusa ha nel frattempo già allertato le strutture di accoglienza con le forze dell’ordine che arriveranno nelle prossime ore per disporre il trasferimento dei rifugiati sulla nave-quarantena Gnv Azzurra (salpata dal porto di Augusta in queste ore): qui saranno trasferiti tutti i migranti della Sea Watch 3, ad esclusione dei 108 minori non accompagnati che invece saranno inviati in strutture di prima accoglienza a terra.



SEA WATCH 3, ARCHIVIATA INCHIESTA SU COMANDANTE

«Le persone a bordo, dopo tanta sofferenza, potranno finalmente sbarcare in Europa» hanno twittato ancora stamane i responsabili della ong Sea Watch dopo avere informato i migranti a bordo della nave del prossimo sbarco. In origine erano 412 le persone soccorse in diverse operazioni tra il 17 e il 20 ottobre scorso: 6 donne, con tre diversi interventi della Guardia Costiera italiana, erano state fatte sbarcare perché necessitano di cure urgenti a terra (una era addirittura incinta, bimbo per fortuna partorito senza complicazioni all’ospedale di Trapani). Nel frattempo è di ieri la notizia dell’archiviazione definitiva per l’ex comandante della Sea Watch 3, Arturo Cerone: la procura di Agrigento ha rilevato che il comandante, «nel salvare un gruppo di 47 migranti al largo della Libia in acque internazionali non solo non commise alcun reato ma «aveva l’obbligo di prestare soccorso e assistenza alle persone presenti a bordo del gommone e di provvedere al successivo trasporto in luogo sicuro di sbarco, alla luce di quanto sancito dalle disposizioni normative nazionali e internazionali». Motivazione insomma molto simili a quelle già viste negli scorsi giorni per l’Asso 28 e la Mare Ionio, tutte contestate dagli allora in vigore Decreti Sicurezza del primo Governo Conte.

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