Ieri mattina la nave Sea Watch 3 ha provato a entrare nel porto di Lampedusa, ma è stata bloccata dalle autorità italiane. Nel primo pomeriggio una delegazione di parlamentari dell’opposizione è salita a bordo per incontrare i volontari della Ong e verificare le condizioni dei 42 migranti, mentre sulla nave erano presenti anche uomini della Guardia di finanza, impegnati in ulteriori controlli. Intanto i legali della Ong hanno presentato un esposto alla procura di Agrigento denunciando le autorità portuali e marittime italiane per il mancato sbarco e il commissario europeo, Dimitris Avramopoulos, ha ricordato che “la soluzione per le persone a bordo della Sea Watch è possibile solo una volta sbarcate”. In serata, poi, è arrivato lo scontro con l’Olanda, dopo che il ministro dell’Immigrazione dei Paesi Bassi aveva fatto sapere che, sebbene la barca batta bandiera olandese, “ciò non significa che prenderemo anche i migranti”. Immediata la replica di Salvini: “Con il governo olandese non finisce qui”, mentre anche il premier Giuseppe Conte ha definito “di una gravità inaudita” il comportamento della comandante Carola Rackete, che ha violato l’alt e si è diretta verso Lampedusa. Come si potrà sbrogliare una matassa che si aggroviglia sempre più, dopo 14 giorni di muro contro muro? Lo abbiamo chiesto a Mauro Indelicato, giornalista, direttore di infoagrigento.it e collaboratore del Giornale, dove scrive di politica estera.
Nella vicenda della Sea Watch 3 è come se mancasse un anello tra quanto deciso dal Governo con il decreto Sicurezza bis e i fatti e le violazioni che si stanno verificando. Perché i pm non intervengono? E qualora decidessero di farlo, che cosa dovrebbero fare?
La procura competente, ossia quella di Agrigento, ha già due inchieste su analoghi casi accaduti da marzo a oggi: una riguarda la nave Mare Jonio della Ong Mediterranea Saving Humans, l’altra proprio la Sea Watch 3. Sono due indagini delicate da seguire, forse prima di muoversi per una nuova inchiesta dagli uffici della procura si aspetta l’evolversi della situazione. Rispetto ai primi due casi, però, quello di questi giorni della Sea Watch è diverso, in quanto è il primo da quando è entrato in vigore il decreto sicurezza bis con le relative nuove norme. Dunque, si dovrebbe procedere, nel caso in cui la procura intervenga, con quanto previsto da tali nuove norme: confisca del mezzo, multe salate per il comandante in primis. Possibili evoluzioni in tal senso potrebbero esserci nelle prossime ore.
“Nessuna soluzione politica e giuridica è stata possibile” ha detto la comandante della Sea Watch. È proprio così?
È un muro contro muro tra una Ong e un governo: entrambe le parti operano per due princìpi contrapposti a cui, peraltro, nessun attore in questione vuole concedere deroghe. E quando nessuno si sposta dalle proprie posizioni, è chiaro che poi non si trova alcuna soluzione.
Il braccio di ferro si protrae ormai da 14 giorni. C’è il rischio che altre navi possano seguire l’esempio della Sea Watch 3?
È il timore principale soprattutto del ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Per questo il governo, su spinta ovviamente del leader della Lega, non vuole spostarsi dalla sua posizione. Per Salvini il non ingresso della Sea Watch 3 è un principio inderogabile, volto a far capire anche alle altre Ong che, fin quando lui sarà al Viminale, nessuno può pensare di far approdare senza problemi migranti in Italia. Il nodo è quindi politico prima di tutto ed è da qui che parte questa latente “guerra di posizione” di cui ho parlato prima.
In questa vicenda, secondo lei, chi sta speculando sui migranti e sulle loro condizioni?
Le posso rispondere partendo dalla prospettiva inversa, che è quella che offre maggiori certezze, e cioè che, nei fatti, a nessuno stanno realmente a cuore i migranti. Come detto, la questione è politica e la battaglia si gioca su dei princìpi politici. In un contesto del genere, c’è poco spazio per princìpi veramente umanitari.
L’assenza dell’Europa – a parte la recente decisione della Corte europea – è assordante. Come va interpretato questo silenzio?
È lo specchio del funzionamento o, per meglio dire, del malfunzionamento dell’Europa in questa particolare fase storica. Nessuna iniziativa politica intrapresa, nessuna trattativa posta sul tavolo, nessun governo che stimoli il dibattito in seno alle istituzioni comunitarie. Ecco perché, poi, avanzano i partiti cosiddetti “sovranisti”: la gente, in tutto il continente, ha l’idea che per adesso a Bruxelles si pensi unicamente alle poltrone da spartire in vista del varo della nuova Commissione piuttosto che ai problemi reali. Questo discorso, ovviamente, non vale solo per l’immigrazione e il caso Sea Watch.
A bordo della nave sono saliti parlamentari e giornalisti. Questa vicenda può mettere a rischio la tenuta del Governo?
Non credo. Il governo è perennemente a rischio, è nato sotto l’egida di un contratto e non di convergenze politiche, è per sua natura in costante pericolo, specie dopo le europee. Ma, per l’appunto, non credo che i rapporti tra i due partiti di maggioranza vadano a impattare sul caso Sea Watch.
(Marco Biscella)