Sebastiano Nirta, classe 1971, è considerato uno dei sicari della strage di Duisburg che si consumò in Germania il 15 agosto 2007 e sulla quale si basa il film tv Duisburg, Linea di Sangue, in onda questa sera su Rai1. La Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria presieduta dal giudice Daniele Cappuccio, lo scorso 11 febbraio si è espressa sulla posizione di Nirta dopo un annullamento con rinvio della Cassazione e alla fine ha condannato l’imputato all’ergastolo. Nel corso del processo d’Appello “bis”, dunque, è stata ripristinata la sentenza di condanna di primo grado dopo la decisione della Cassazione che nel 2016 aveva annullato con rinvio la sentenza d’Appello rispetto all’accusa di omicidio pluriaggravato. In quell’occasione, tuttavia, Nirta era stato condannato a 12 anni per il reato di associazione mafiosa. La mattanza definita anche come la strage di Ferragosto e nella quale rimasero uccisi otto giovani italiani, quasi tutti di San Luca, confermò la presenza della ‘Ndrangheta anche oltre i confini nazionali. Prima di Nirta, ad essere condannato all’ergastolo in via definitiva fu Giovanni Strangio, definito il killer della strage.
SEBASTIANO NIRTA, CHI È
Secondo quanto emerse dalle indagini sulla strage di Duisburg, il bersaglio dei killer era Marco Marmo, 25 anni nonché una delle sei vittime, il quale sarebbe stato mandato in Germania da Antonio Pelle, soprannominato la “Mamma” per acquistare un furgone blindato ed un fucile d’assalto che sarebbero dovuti servire per tendere un agguato al boss avversario Gianluca Nirta. Quest’ultimo era sfuggito alla strage di Natale nella quale però rimase uccisa la moglie Maria Strangio. I Nirta-Strangio, dunque, avrebbero agito non solo per vendicare la donna ma anche per evitare l’ennesima rappresaglia da parte dei Pelle-Vottari. Il boss Sebastiano Nirta era il cognato di Maria Strangio, madre 33enne di tre bambini e moglie del boss rimasta uccisa nella strage di Natale del 2006. L’arresto di Sebastiano Nirta avvenne nel febbraio del 2010 nell’ambito dell’operazione “Fehida III”. In primo grado la condanna al carcere a vita fu giustificata dalle accuse di associazione mafiosa, omicidio aggravato e detenzione e porto illegale di armi. La sentenza fu tuttavia ribaltata nel luglio 2015 per quanto riguarda l’omicidio aggravato perchè “il fatto non sussiste”. Quindi il ricorso dei magistrati reggini ed un nuovo processo che si è concluso nei mesi scorsi.
LA CONDANNA ALL’ERGASTOLO
Il lavoro compiuto dal Procuratore generale di Reggio Calabria Bernardo Petralia e dal sostituto procuratore generale Fulvio Rizzo ha consentito di portare alla luce nuovi elementi sul conto di Sebastiano Nirta, evidenziando anche indizi che nei dibattimenti precedenti non erano stati oggetto di dibattito. Entrambi hanno dato importanza al materiale probatorio rinvenuto in Germania anche grazie alla collaborazione delle forze dell’ordine tedesche. Come rammenta AntimafiaDuemila.com, in un appartamento di Dusseldorf, ritenuta la base strategica del commando, furono rinvenuti diversi elementi utili. In particolare l’avvocato generale Fulvio Rizzo è stato in grado di dimostrare la presenza di Sebastiano Nirta grazie a una perizia sulla “traccia 710” – ovvero tracce generiche riconducibili ai boss – che ancora non era stata acquisita. Si tratta di un’altra traccia mista rinvenuta sul tappo della benzina della Renault Clio, l’auto usata da Strangio e Nirta per allontanarsi da Duisburg dopo la strage e poi abbandonata in Belgio. In precedenza era stata fondamentale la cosiddetta “traccia 13” trovata sul pomello del cambio della vettura. Tutto ciò portò alla condanna all’ergastolo per Nirta.