È allarme seconda ondata coronavirus. Dopo aver attraversato e superato il momento più difficile della pandemia, si teme il ritorno di fiamma in autunno. E i primi campanelli d’allarme in Europa sono già arrivati. Il Belgio ha annunciato il via della seconda ondata, considerando il maxi-aumento di contagi (60%) registrato nell’ultima settimana di luglio. Il comitato scientifico ha ammesso che non si tratta di un piccolo aumento, evidenziando di non poter ipotizzare la durata e la portata dell’aumento di casi positivi. In Francia e in Spagna sono stati registrati degli aumenti di infettati piuttosto importanti, anche se un occhio di riguardo va soprattutto alla situazione della Germania. «È una piccola seconda ondata» per Susanne Johna, presidente dell’Associazione dei medici, ed i dati non lasciano spazi a molti dubbi: 870 casi positivi solo nella giornata di martedì. Senza dimenticare quanto annotato nei Balcani, soprattutto in Romania e Bulgaria…



SECONDA ONDATA CORONAVIRUS: ITALIA IN PERICOLO?

«La seconda ondata è già avvenuta con virus simili, ma è evitabile con la prevenzione. E facendo attenzione ai focolai vicini, come quelli attivi nei Balcani»: così Fabrizio Pregliasco ai nostri microfoni appena qualche giorno fa. Ma il giudizio del ricercatore all’Università Statale di Milano è netto: «Se intorno a noi le cose peggiorano, il rischio è che peggiorino anche da noi». Vietato abbassare la guardia, dunque, soprattutto in correlazione a quanto sta accadendo altrove, ma la maggior parte dei virologi si è detta fiduciosa: una seconda ondata di coronavirus non è nell’ordine delle cose nel nostro Paese. Così Massimo Clementi, ordinario di virologia al San Raffaele di Milano, ai microfoni de La Stampa: «Non ci sarà una seconda ondata, l’autunno sarà come adesso, il virus si sta adattando all’uomo, magari farà un ping pong con il pipistrello, cioè ce lo ripasseremo tra specie, ma non se ne andrà fino al vaccino». Fiducioso anche il viceministro Pierpaolo Sileri: «Una seconda ondata nei termini di marzo la vedo improbabile. Allora non eravamo preparati. Oggi usiamo le mascherine, i medici gestiscono la malattia meglio, i posti in terapia intensiva sono raddoppiati».

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