Pasquale Di Filippo, “pentito” o “collaboratore di giustizia” come si preferisca chiamarlo, ha dietro di sé una lunga storia criminale, ma anche azioni che hanno permesso l’arresto di grossi nomi di Cosa Nostra. Come dice lui stesso in una intervista pubblicata da Repubblica, “ho fatto arrestare il superlatitante Leoluca Bagarella, ho svelato il nome dell’ assassino di don Pino Puglisi, ho fermato i responsabili delle stragi di Roma, Milano e Firenze”. Adesso, dice, rivolgendosi idealmente alla figlia che ha troncato con lui quasi ogni rapporto, vuole impegnarsi “per fermare l’ultimo grande pericolo della mafia, Matteo Messina Denaro” che come si sa è l’ultimo grande latitante di Cosa Nostra ancora in libertà. Ne abbiamo parlato con il giornalista del Corriere della Sera Felice Cavallaro, autore di libri e articoli sulla mafia. La prima cosa che gli abbiamo chiesto è cosa ne pensa della dichiarazione fatta dal Di Filippo, sentita già tante volte, secondo la quale Messina Denaro “custodisce i segreti della stagione delle bombe”, quella dei primi anni 90 quando la mafia tentò di diventare una organizzazione in stile terroristico. Stragi, dice il pentito, eseguite dalla mafia, ma su ordine di “altri poteri”, che Denaro saprebbe da chi sono manovrati: “La teoria del ‘grande vecchio’, delle ‘entità diverse’” ci ha detto Cavallaro “è una teoria vecchia che ritorna ogni volta che un pentito parla. Dare credibilità a questi personaggi che ciclicamente tirano fuori teorie vecchie di trent’anni, affidarsi a un pentito, non è mai la cosa migliore. Certamente ci sono state e ancora ci sono indagini su questi cosiddetti poteri esterni alla mafia che sarebbero implicati in episodi del genere e sicuramente corrispondono a una pista veritiera, ma non dobbiamo mai dimenticarci che purtroppo noi viviamo in un Paese senza verità per tante cose, non solo la mafia”. Di Filippo si spinge anche a dire che “Cosa nostra è finita, lo stato è più forte”, per questo Denaro dovrebbe costituirsi. Ma davvero Cosa Nostra è finita? “In questo ci sono alcune cose vere, anche se dire che Cosa Nostra sia finita è eccessivo. Ma senz’altro lo Stato italiano si è dimostrato più forte dell’ala militare di Cosa Nostra, sbaragliandola. La mafia sussiste a un livello più basso, territoriale, e bisogna sempre ricordarsi dell’insegnamento del giudice Falcone, cioè avere un atteggiamento pragmatico, realistico, senza inseguire teorie o congetture le più disparate. Le indagini vanno portate avanti con serietà, sapendo che la mafia ha sempre avuto e ancora ha contatti con soggetti estranei ad essa”.



IL CASO NICASTRI È STATO UNA MAZZATA PER MESSINA DENARO

Una grossa discriminante, aggiunge Cavallaro, è quella che riguarda il processo Stato-mafia: “Con l’assoluzione dell’ex ministro Mannino siamo davanti a una contraddizione in termini, perché la sua assoluzione dall’accusa basata sull’assunto che l’ex ministro avesse concesso favori alla mafia in cambio della richiesta di non ucciderlo ha fatto cadere i pilastri dominanti del processo stesso, è caduto il primo gradino, quello su cui si basava tutto il processo. Quindi dal punto di vista giudiziario e storico tutto quanto si sosteneva è venuto a cadere, perché noi sappiamo anche che se è mafia, è rapporto col potere. L’assoluzione di Mannino chiude questo assunto”. Di Filippo sostiene anche che Messina Denaro benché latitante sia ancora la “testa” e la guida di Cosa Nostra, che agisce sui suoi ordini. È davvero così? Messina Denaro è l’ultimo grande boss mafioso ancora in libertà? “Me lo auguro, che non ci siano più grandi boss mafiosi dopo di lui. Però va detto che Messina Denaro ha perso molto del suo appeal, ha una capacità molto ridotta viste le condizioni in cui vive, non ha rapporti importanti con i mafiosi ancora in attività. Ha ancora qualche fedelissimo che però non può fare più di tanto anche dal punto di vista economico. L’inchiesta che ha portato a scoprire gli intrallazzi di Vito Nicastri, i suoi contatti con la mafia e lo stesso Denaro, gli enormi sequestri di soldi sono stati una autentica mazzata per Denaro. Questo non vuol dire che bisogna abbassare la guardia, ma continuare a indagare, facendo vagliare tutto dalla magistratura”.

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