Selvaggia Lucarelli torna a parlare di Nicola Tanturli, il bambino di 21 mesi ritrovato nei boschi del Mugello dopo 36 ore di ricerche, ma lo fa offrendo un punto di vista differente. La giornalista su Tpi ha raccontato una vicenda personale e drammatica della sua infanzia, legata a suo fratello, per spiegare quanto sia difficile il ruolo dei genitori e quanto sia sbagliato affrettarsi nei giudizi. Il fratello, infatti, morì poco dopo il parto. «Simone, venuto al mondo qualche anno prima di me. Era nato da poco, dormiva nel suo lettino in ostetricia. Secondo la ricostruzione dei miei genitori, un’infermiera uscì forse a fumarsi una sigaretta, lui ebbe un rigurgito. Morì soffocato». Inevitabilmente la storia del bambino del Mugello ha colpito la sua famiglia, in particolare il padre. «Nonostante tutto, nonostante io e i miei fratelli, invece, si sia usciti da quell’ospedale in perfetta salute e la nostra incolumità da bambini sia dipesa soprattutto da mio padre e da mia madre, papà due giorni fa parlava di noi altri come dei “miracolati”». Invece «la distrazione, la leggerezza, l’irresponsabilità di un adulto che doveva badare a dei neonati sono costate la vita a un fratello che non ho mai conosciuto», ha scritto Selvaggia Lucarelli.



SELVAGGIA LUCARELLI E IL DRAMMA DEL FRATELLO MORTO

Per Selvaggia Lucarelli tutti gli adulti, non solo quelli che diventano genitori, ma tutti coloro che hanno il compito di prendersi cura di bambini piccoli «hanno vissuto quegli attimi di pre-morte che sono il momento in cui qualcosa è sfuggito alla loro attenzione. Il momento in cui ti volti un attimo e tuo figlio non è più accanto a te. Quello in cui vai a girare il sugo nella pentola e tuo figlio ha avuto il tempo per arrampicarsi da qualche parte». Per questo le polemiche sul caso di Nicola Tanturli l’hanno colpita, in quanto si parte «da un assunto presuntuoso e illusorio, ovvero quello di avere sempre l’assoluto controllo sui figli». In realtà non è così, per questo non riesce ad essere severa nei confronti dei genitori del piccolo Nicola. «Certo, hanno aspettato un tempo infinito prima di chiamare i soccorsi, ma sul perché sia successo non ho dubbi: perché sono genitori. Imperfetti, non più hippy di tanti di noi che inventiamo soluzioni creative per incastrare le nostre vite con quelle dei figli, che i figli li rimbalziamo tra nonni, tate, asili e ci perdiamo pezzi che altri sanno riparare». O che ci ritroviamo a rattoppare noi, senza però avere il coraggio di ammetterlo.

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