Giorgia Meloni ha mentito riguardo la storia della madre che voleva abortire quando era incinta di lei e ci ha poi ripensato? A seminare il dubbio è Selvaggia Lucarelli, secondo cui la leader di Fratelli d’Italia potrebbe non aver detto la verità. «Nel 1976 l’aborto era illegale. Non funzionava così. Hai mentito tu o tua madre?», scrive sui social la giornalista, che su Tpi ha pubblicato un approfondimento sul tema. Il caso nasce dall’autobiografia pubblicata dalla Meloni, la quale ha scritto che deve tutto a sua madre perché non sarebbe dovuta nascere. Nel libro ha ricostruito anche il giorno in cui la madre avrebbe dovuto abortire per poi cambiare idea e decidere di portare avanti la gravidanza. «C’è solo un problema in questo racconto scritto con quell’impellente bisogno di verità che Giorgia Meloni si porta dentro: e cioè che quando la madre di Giorgia Meloni era incinta di Giorgia Meloni la legge sull’aborto non esisteva».



Nel 1976 l’interruzione volontaria della gravidanza era una pratica illegale per la quale si rischiava una condanna dai 2 ai 5 anni. La legge all’epoca prevedeva che una gravidanza potesse venire interrotta «quando l’ulteriore gestazione implichi danno, o pericolo, grave, medicalmente accertato nei sensi di cui in motivazione e non altrimenti evitabile, per la salute della madre».



SELVAGGIA LUCARELLI “GIORGIA MELONI HA MENTITO?”

La legge 194 sull’aborto, quella che conosciamo anche perché è grazie ad essa che l’interruzione di gravidanza è consentita in Italia entro i primi tre mesi (escluso l’aborto terapeutico), è del 22 maggio 1978, quando Giorgia Meloni aveva un anno e 4 mesi. Per Selvaggia Lucarelli allora i casi sono tre. «Giorgia Meloni ha mentito, infiocchettando un racconto e dunque questo è un romanzo e non una biografia», la prima ipotesi della giornalista di Tpi. «La mamma di Giorgia Meloni le ha raccontato una storia un po’ diversa, perché al massimo ha tentato la via dell’aborto clandestino ma non funzionava esattamente così, con le analisi in un laboratorio, l’attesa, poi il cappuccino al bar e “vabbè ci ripenso”», la seconda ipotesi. In quel periodo, infatti, scrive Selvaggia Lucarelli, gli aborti clandestini avvenivano in case di privati, dalle cosiddette “mammane”, in cliniche clandestine spesso fuori città in un clima di segretezza e paura perché si commetteva un reato e si rischiava di morire. «In questo caso Giorgia, se inconsapevole della bugia della mamma, è comunque responsabile di una grave lacuna culturale: visto che è pro-vita e ritiene l’aborto una sconfitta, potrebbe almeno imparare la data in cui è nata la legge 194», la stoccata di Selvaggia Lucarelli a Giorgia Meloni. E quindi l’ultimo caso: «Probabilmente, in quanto leader di un partito, è tra le poche donne ad aumentarsi gli anni per acquisire più autorevolezza. In ogni caso, questo incipit non è scritto con l’impellente bisogno di verità che la cara Giorgia racconta di portarsi dentro. Chissà il resto del libro e le sue dichiarazioni politiche, a questo punto».