Dopo mesi di caos mediatico e colpi di scena (come lo scontro con la Turchia e gli attentati “legati” ad altre vignette del giornale satirico) è arrivata oggi pomeriggio la sentenza al processo sull’attentato del 2015 a Parigi nella sede di Charlie Hebdo e poi nell’Hyper Cacher poco lontano: 14 erano gli imputati, con 3 ricercati ancora (scappati in Siria o deceduti) con il risultato che ha in parte confermato le richieste dei pm alla vigilia. I tre attentatori entrati materialmente in scena sono tutti morti (i fratelli Said e Cherif Kouachi e Amedy Coulibaly), 12 le vittime nella sede del giornale che aveva pubblicato vignette contro Maometto, 5 gli altri morti sparsi nella fuga di Amedy Coulibaly verso l’Hyper Cahcer: ebbene, tutti i complici – arrestati e fedeli allo Stato Islamico – sono stati condannati ma per 6 di loro è stata tolta l’aggravante del terrorismo. Le persone condannate oggi sono state tutte giudicate colpevoli di aver contribuito a organizzare, finanziare e sostenere gli attacchi terroristici.
SENTENZA CHARLIE HEBDO: PER 5 COMPLICI ESCLUSO L’AGGRAVANTE TERRORISMO
Il tribunale speciale di Parigi ha escluso però per 6 complici l’accusa di terrorismo: Ali Riza Polat – presentato come il “braccio destro” del terrorista Amédy Coulibaly – è invece stato dichiarato “colpevole di complicità”. L’inizio del processo è stato sospeso a causa della pandemia di coronavirus e negli ultimi mesi invece è stato poi interrotto più v oltre per problemi di salute che hanno coinvolto Ali Riza Polat, il complice maggiormente coinvolto nell’attentato a Charlie Hebdo. Proprio per annunciare la ripresa del processo, a settembre il giornale satirico aveva ripubblicato quelle stesse vignette su Maometto che scatenarono la furia islamista: il risultato è che l’insegnante Samuel Paty, appena fuori Parigi, è stato decapitato da un aggressore jihadista “irritato” perché il professore aveva tenuto una lezione al suo liceo proprio sulla libertà di espressione e di parola. Poche settimane dopo, tre persone sono state uccise a Nizza per il medesimo “motivo”.