Una sentenza di pochissime righe con la quale la Corte Costituzionale pone un monito fermo e chiaro sulla continua diatriba Stato-Regioni in merito alla gestione della pandemia da Covid-19: «Spetta allo Stato, non alle Regioni, determinare le misure necessarie al contrasto della pandemia». La sentenza della Consulta del 24 febbraio 2021 arriva ad intervenire in merito al ricorso del precedente Governo Conte contro la legge della Regione Valle d’Aosta che il 9 dicembre 2020 si oppose alle misure decise dal Ministero della Salute “sospendendo” le regole del Dpcm per inserire regole proprie e meno restrittive.



In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio stampa della Corte costituzionale fa sapere che «il ricorso è stato accolto, limitatamente alle disposizioni con le quali la legge impugnata ha introdotto misure di contrasto all’epidemia differenti da quelle previste dalla normativa statale». La Corte ha dunque ritenuto che la Regione, seppur dotato di autonomia speciale come la Valle d’Aosta, «non può invadere con una sua propria disciplina una materia avente ad oggetto la pandemia da COVID-19, diffusa a livello globale e perciò affidata interamente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, a titolo di profilassi internazionale».



SENTENZA CONSULTA, RIPERCUSSIONI SU INDAGINE ALZANO-NEMBRO?

Bocciata dunque la legge “anti-Dpcm” della Valle d’Aosta e con essa anche possibili futuri casi simili che potrebbero sorgere nel sempre complesso rapporto Stato-Regioni specie davanti a chiusure e limitazioni dei poteri degli enti locali da parte del Governo centrale. Non è ovviamente piaciuta al Governo valdostano la decisione della Corte Costituzionale e oggi con l’assessore regionale all’Istruzione e Partecipate Luciano Caveri, intervistato su “ValleAostaglocal.it”, la posizione è netta: «Ricorso del quale lo stesso ministro Boccia aveva assicurato il ritiro a fronte degli impegni di confronto costruttivo sulle misure di contrasto al Covid assunti dalla nostra Giunta. Era il 19 gennaio scorso, il Presidente Lavevaz e tutto l’Esecutivo hanno dato ampia collaborazione alle decisioni dello Stato ma il ricorso è rimasto pendente alla Consulta». L’assessore infine rileva che la sentenza della Consulta ha risolti negativi non solo per la Valle ma anche per tutte le Regioni italiane, «private di una quota importante di capacità decisionale e operativa, ma direi anche per lo Stato, sul quale a questo punto ricadono tutte le responsabilità e le competenze, quindi anche tutte le colpe per eventuali scelte sbagliate».



La decisione finale della Corte potrebbe a questo punto avere ripercussioni anche sulle indagini in corso da mesi della procura di Bergamo sulla mancata chiusura-zona rossa dei comuni Alzano Lombardo e Nembro esattamente un anno fa? Al momento non è dato saperlo, anche perché in realtà la sentenza della Consulta si riferisce a decisioni delle comunità a statuto speciale (e la Lombardia non lo è): di certo, nella diatriba tra Governo Conte e Regione Lombardia su chi spettava la decisione, la mossa di ieri della Corte sembra andare verso un indirizzo che responsabilizzi l’autorità centrale. Come già spiegato del resto a suo tempo (20 aprile scorso, trasmissione Omnibus) dal giudice emerito della Corte Costituzionale, Sabino Cassese: «C’è stata una grande confusione e l’errore è stato quello iniziale, ritenere che questo fosse un normale intervento in materia di sanità, mentre questo è un intervento che riguarda un’epidemia che è diventata una pandemia e le profilassi internazionali in casi di questo tipo sono indicate nella lettera Q del comma secondo dell’articolo 117 della Costituzione, scusi la pignoleria, come materie che sono di competenza esclusiva dello stato, il quale stato naturalmente può applicarle in maniera differenziata sul territorio».