Bisogna prevedere una riduzione della pena per il reato di produzione di materiale pedopornografico se il caso è meno grave: lo ha deciso la Consulta con una sentenza che dichiara l’illegittimità costituzionale della mancata previsione di questa “valvola di sicurezza”. La vicenda riguarda un ragazzo di 18 anni che aveva convinto due ragazze a essere fotografate, rischiando per questo una pena dai 6 ai 12 anni, ma trattandosi di un caso meno grave, la sanzione è eccessiva e sproporzionata.



Pertanto, l’articolo di legge che si occupa di tale reato viola gli articoli 3 e 2 della Costituzione, non prevedendo una diminuzione della pena nei casi meno gravi; inoltre, la Corte costituzionale con questa decisione traccia un limite su arbitrarietà delle norme e irragionevolezza, perché la pena deve essere coerente col disvalore del caso specifico, quindi rispettare il principio di proporzionalità.



GLI ASPETTI DA VALUTARE PER LA RIDUZIONE DELLA PENA

Nel caso portato all’attenzione della Corte costituzionale, la differenza tra le vittime e l’autore del reato era minima, inoltre al centro delle immagini c’erano organi sessuali “secondari” e le foto non erano state né pubblicate né vendute né estorte, ma richieste insistentemente. Quindi, per la Consulta bisogna prevedere una pena meno grave anche per il reato di produzione di materiale pedopornografico: al giudice deve essere data la possibilità di adeguare la pena alla gravità della condotta specifica per dare una sanzione proporzionata, visto che il reato può comprendere condotte gravi, ma non solo.



Quindi, il giudice deve avere la possibilità di modulare la pena in base ai casi concreti. I casi meno gravi vanno valutati in base a diversi aspetti: dalle modalità esecutive all’oggetto delle immagini pedopornografiche, inoltre bisogna tener presente anche del grado di coercizione esercitato sulla vittima, le sue condizioni fisiche e psicologiche, l’età e il danno arrecato, anche a livello psichico.