Ci sono voluti 15 anni al Tribunale speciale dell’Aia per giungere a una sentenza relativa alla morte dell’ex premier libanese Rafik Hariri, ucciso in un attentato che fece 22 morti il 14 febbraio 2005. Dei quattro imputati, tre sono stati scagionati e uno solo condannato come mandante. Il condannato è un membro di Hezbollah, ma nella sentenza si dice che non ci sono prove che a volere l’attentato sia stato “il Partito di Dio”. “Una sentenza inutile e tardiva, come tutte quelle dell’Onu” ci ha detto in questa intervista Gian Micalessin, inviato di guerra de Il Giornale, giornalista e scrittore, “soprattutto non si riconosce alcuna responsabilità di Hezbollah, forse per non complicare gli equilibri già delicati del Libano”. Ma non è quello che pensa la gran parte dei libanesi, che ritiene Hezbollah responsabile dell’attentato e anche della recente esplosione al porto “dove ci sarebbero stati missili di sua proprietà”, ci ha detto ancora Micalessin.



Come influenza la situazione attuale libanese la sentenza di condanna di un membro di Hezbollah?

Ricordiamo che quell’attentato era stato attribuito in origine alla Siria di Assad, responsabilità poi ritirata dal figlio dello stesso Hariri. Non a caso le voci su Hezbollah erano state riprese e dopo quella svolta il tribunale si è incentrato su Hezbollah invece che sulla Siria.



Però la sentenza non condanna direttamente Hezbollah. Come mai?

Infatti il punto è che dopo questa sentenza resta tutto nebuloso. La condanna stessa fa specie, è una condanna individuale, che scagiona gli altre tre imputati e non riconosce alcuna responsabilità politica di Hezbollah. Forse politicamente motivata dal non alterare gli equilibri politici in Libano, che sono già complicati.

Hezbollah è tra i maggiori imputati per aver portato il Libano nell’attuale situazione.

Quello che mi sembra pesi su Hezbollah è l’incapacità di garantire un livello di vita decente e aver favorito il settarismo, più che una accusa che si riferisce a 15 anni fa. Questa sentenza, come tutte quelle dell’Onu, arriva tardiva e quindi non è mai esemplare. Riesce anche a farsi ignorare dall’opinione pubblica.



Da quanto si legge e si vede, la maggior parte dei libanesi ritiene Hezbollah responsabile di quell’attentato.

Certo, però quello che fa più rabbia ai libanesi è che Hezbollah abbia mantenuto uno status politico predominante, abbia favorito il settarismo che ha distrutto il paese, e contribuito a consentire l’influenza dell’Iran in Libano. Non credo che contribuirà al malcontento che già c’era.

Molti dicono che l’esplosione al porto sia stata causata da un deposito di missili di Hezbollah…

Esatto. Infatti il malcontento che già c’era è aumentato ancor di più dopo l’esplosione.

Vede una via d’uscita dal caos in cui è precipitato il Libano?

Non vedo vie di uscita pacifiche. È un paese dove si vive in una tensione che è la ripercussione di quanto succede nella vicina Siria dove Hezbollah e le brigate sunnite legate all’Arabia Saudita si fanno la guerra. Quel clima adesso c’è anche in Libano, per fortuna rimane anche il ricordo della guerra civile, così terribile da spingere la popolazione a starsene in disparte. Ma c’è estremo malcontento. Non vedo proprio chi possa gestire la situazione. Teniamo conto che comunque Hezbollah si sta indebolendo, ha perso molti uomini e comandanti importanti in Siria, e al momento i sauditi e i loro alleati sono favoriti.

(Paolo Vites)