E’ felice Alessia Marini, la moglie di Massimo Carminati, dopo che la sentenza della cassazione ha fatto definitivamente cadere il cosiddetto sistema criminale definito “mafia capitale”. Per i giudici non fu associazione a delinquere di stampo mafioso, una sentenza accolta con lacrime di gioia dalla consorte del “nero”. “È caduta la mafia”, ripete, come riporta Il Messaggero, che poi si getta fra le braccia dell’avvocato del marito, sempre in lacrime: “Le posso dare un bacio? Grazie, avvocato, grazie. L’avevamo capito dopo che aveva parlato, dopo la sua arringa. L’avevamo capito noi e non poteva non capirlo la Cort”. Quindi, riferendosi alla scelta di cambiare legale, abbandonando Bruno Naso, aggiunge: “Ho fatto la scelta giusta, mi riporto mio marito a casa”. Sulle vicenda si è espresso anche Sergio Carminati, il fratello di Massimo: “Finora è stata commessa un’ingiustizia tremenda – ha commentato – Anche da voi giornalisti. Vediamo se adesso lo scrivete. È andata come era giusto che andasse”. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



CADE MAFIA CAPITALE: LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

Dopo 11 ore di camera di consiglio, la Cassazione ha emesso sentenza poco prima delle ore 20 e è a suo modo clamorosa: è esclusa l’associazione mafiosa nel processo “Mondo di Mezzo”, ribattezzato a questo punto a sproposito “Mafia Capitale”. Decade così la sentenza di Appello e viene invece riconfermata quella di Primo Grado del Tribunale di Roma: con la sentenza della Cassazione di fatto non viene riconosciuto l’articolo 416 bis per Salvatore Buzzi e Massimo Carminati (per i quali decadrà dunque anche il regime carcerario “duro”, il 41-bis), oltre che per tutti gli altri imputati che avevano ricevuto la condanna per associazione mafiosa in Secondo Grado. Cadono anche molte delle accuse contestate a Salvatore Buzzi e Massimo Carminati: «la Cassazione ha ricostruito della vicenda del Primo Grado: due associazioni “semplici” ma non mafiosa. Il metodo mafioso è stato considerato insufficiente dal punto di vista della prova», spiega l’avvocato consulente nel processo ai microfoni di Rai News 24. «Non c’è stata Mafia per il mio assistito, dovrà essere rifatto il giudizio ora. Era in palio un principio di democrazia, per fortuna è stato riconosciuta la verità», sentenzia il legale di Massimo Carminati fuori dall’aula appena dopo la sentenza; infine, sempre ai microfoni dell’inviata Rai Silvia Balducci «finalmente la Corte di Cassazione ha messo il sigillo della nostra tesi che andiamo ribadendo fin dall’arresto. C’è un sistema corrotto ma non c’era Buzzi ad insistere con i politici per il malaffare di mezza Roma; troppa pressione da parte di media e politica che ha determinato le sentenze del passato», spiega l’avvocato di Salvatore Buzzi.



ATTESA LA SENTENZA SU “MONDO DI MEZZO”

È attesa nella prima serata di oggi la sentenza della Cassazione sul terzo grado del processo di “Mafia Capitale”, l’inchiesta “Mondo di Mezzo” che da anni indaga sulle azioni illecite di oltre 30 imputati tra cui Salvatore Buzzi e Massimo Carminati: nel dettaglio, al vaglio dei giudici della sesta sezione penale della Cassazione la posizione di 32 imputati, 17 di questi sono stati condannati a vario titolo in Appello per madia o concorso esterno in associazione mafiosa. Durante le requisitorie degli scorsi giorni e ancora questa mattina in Aula, la Procura Generale (l’accusa in Cassazione) ha chiesto ai giudici supremi di confermare le pene giunte in Appello un anno fa; va ricordato come in primo grado l’aggravante mafiosa non era stata riconosciuta a tutti gli imputati, salvo poi rifare tutto in Appello con la condanna a 18 anni e 4 mesi per Buzzi e 14 anni e 6 mesi per Carminati, proprio con l’applicazione del 416 bis sull’associazione di stampo mafioso. La Procura Generale chiede dunque oggi alla Cassazione di confermare il ribaltamento avvenuto in Appello con alcuni imputati (18, tra cui Buzzi e Carminati) condannati per reati di mafia.



SENTENZA MAFIA CAPITALE: LE REQUISITORIE

L’ammontare complessivo delle pene per i 43 imputati del processo Mafia Capitale – otto dei quali assolti – ha raggiunto un anno fa quasi i 200 anni di carcere: oggi si attendono conferme secondo le requisitorie dell’accusa ma la possibilità di un ennesimo clamoroso dietrofront è sempre possibile e da non scartare. Nel corso della requisitoria tenuta dal procuratore generale Giuseppe Birritteri è stato sostenuto con nettezza «le caratteristiche del 416 bis ci sono tutte, anche i corrotti abbiano partecipato all’associazione sorretti dall’interesse di perpetuare il potere mafioso». Sono state richieste le stesse condanne del processo d’Appello, con un unico annullamento con rinvio chiesto per Roberto Lacopo: il titolare del benzinaio di Corso Francia dove Carminati teneva, secondo l’accusa, le sue riunioni illecite è stato condannato a 8 anni in Appello ma per la Procura Generale non è dimostrato «che fosse consapevole delle “mire espansionistiche” dell’ex terrorista dei Nar», conferma la requisitoria in Aula questa mattina. Concludendo l’arringa il procuratore ha però aggiunto «Carminati, Buzzi e i loro collaboratori si muovevano con un nuovo sistema anche con metodi criminali solitamente non violenti nei rapporti con la pubblica amministrazione perché in quel contesto bastava corrompere»; non solo, gli stessi imputati vengono accusati di aver utilizzato violenza in alcuni frangenti oltre all’utilizzo della corruzione con la quale «gestivano il potere politico con fini criminali».