Nessuna aggravante dei futili motivi per la morte di Niccolò Ciatti perché “il movente dell’azione delittuosa non è stato accertato con ragionevole grado di certezza”. È questo quanto si legge nelle motivazioni della sentenza del 5 luglio della Corte d’assise d’appello di Roma, che ha confermato la condanna a 23 anni di carcere per Rassoul Bissoultanov per la morte di Niccolò Ciatti. Per il ceceno, nel processo aperto il 20 giugno davanti alla Corte d’assise d’appello di Roma, la Procura generale e il pm di Roma Erminio Amelio avevano chiesto l’ergastolo.



In merito all’aggravante per futili motivi, non è stato possibile individuare la causa del diverbio tra il giovane italiano e il ceceno. Secondo quanto scritto dai giudici nella sentenza “non c’erano stati contatti tra i due gruppi; è ben possibile quindi che il contrasto sia avvenuto per un urto involontario o per un’incomprensione fra i due”. Dunque, scondo la Corte non ci sono abbastanza elementi di prova per identificare il movente del reato e quindi riconoscere l’aggravante.



“Interdetto sui futili motivi”

Luigi Ciatti, papà di Niccolò, a La Nazione si dice non sorpreso. “Abbiamo aspettato sessanta giorni dalla sentenza per leggere le stesse sconcertanti parole che si rincorrono in tutti questi anni di processo. Si tratta dell’ennesima occasione persa per fare giustizia sulla morte di Niccolò”. In particolare, il papà si dice basito dalle righe sull’aggravante della crudeltà: “Quando ha colpito mio figlio sapeva benissimo cosa stava facendo, e il fatto che a scatenare lo scontro sia stato un fraintendimento o una spallata mi lascia interdetto anche sui futili motivi”.



A detta di Luigi Ciatti, “Niccolò era a ballare con i suoi amici e tra i due gruppi non ci sarebbe mai stato un contatto prima dell’accaduto. Il ceceno ha fatto tutto quello che ha fatto senza mai essere provocato e senza la benché minima motivazione. Se questi non sono futili motivi e crudeltà…”. L’assassino è oltretutto latitante: “Chissà dove sarà e se mai verrà trovato. Mentre mio figlio non c’è più, lui è un uomo libero. L’unica cosa che ci rimane da fare è lanciare un appello internazionale, affinché chi riconosca il ceceno possa rivolgersi alle forze dell’ordine”.