Le ferie sono un diritto del lavoratore; e sono un diritto così importante da essere sancito addirittura dalla nostra Costituzione (non a caso “la più bella che si possa immaginare”, come dice anche Benigni). L’art. 36 stabilisce, infatti, che ogni “lavoratore ha dirittoa ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi“. Per tacitare subito i “workhaolic” (che potrebbero malignamente pensare che una normativa sulle ferie sia un “vizio” da italiani) va segnalato che anche il Legislatore Comunitario ribadisce il diritto alle ferie, prevedendo che tutti “gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali” (art. 7, par. 1, della Direttiva 2003/88/CE). E se poi un dubbio dovesse ancora rimanere circa l’importanza delle ferie, bisogna ricordare a cosa servono: “Il diritto alle ferie annuali ha una duplice finalità, vale a dire consentire al lavoratore di riposare in relazione all’esecuzione dei compiti che gli incombono in forza del contratto di lavoro, da un lato, e di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione, dall’altro” (Corte giustizia UE sez. I, 22/09/2022, n.518; Cass. Sez. Un. 12/11/01, n. 14020).



Di fronte a un diritto di rango così importante verrebbe da pensare che il lavoratore sia completamente libero di decidere quando fruire delle ferie, programmando e prenotando per tempo le sue vacanze e comunicandole quindi al datore di lavoro. Ma è davvero così?

Un primo indizio di risposta si trova nell’art. 2109 c.c. Questa norma, oltre a ribadire che il lavoratore “ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo“, precisa che le ferie vengono fruite “nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro“. Da ciò si può desumere che il tempo in cui si godono le ferie non è frutto di una decisione che compete – solo ed esclusivamente – al lavoratore, ma anche al datore di lavoro avendo un ruolo importante (per non dire decisivo). Il delicato tema circa chi decide in ultima istanza il momento in cui si fruiscono le ferie è stato ripetutamente affrontato e approfondito dalla giurisprudenza. In particolare, una delle ultime decisioni in materia è stata resa dal Tribunale del Lavoro di Bologna nel marzo scorso, che si è trovato ad affrontare un caso emblematico.



La controversia sottoposta al Tribunale traeva origine dalla richiesta del datore di lavoro di accertare la legittimità di una sanzione disciplinare con la quale era stato sospeso dal lavoro e dalla retribuzione per tre giorni (il massimo previsto dal Contratto collettivo nazionale di lavoro applicato) un dipendente che, senza la preventiva autorizzazione dell’azienda, si era assentato dal lavoro dopo essersi visto negare la fruizione del periodo di ferie richiesto. Il lavoratore si è costituito in giudizio e ha asserito che la sanzione disciplinare comminatagli era illegittima, poiché illegittimo era il diniego delle ferie da parte del datore di lavoro, motivato sull’erroneo assunto che non avesse più giorni di ferie da fruire.



Secondo la prospettazione del lavoratore, il godimento di tutte le giornate di ferie era dipeso dall’imposizione unilaterale e del tutto arbitraria del datore di lavoro, imposizione di per sé illegittima e che non consentiva di ritenere effettivamente godute tutte le ferie da questi maturate. Di qui, a dire del lavoratore, il diritto a vedersi riconosciute le giornate di ferie richieste e annullata la sanzione disciplinare che gli era stata comminata.

A fronte delle prospettazioni delle parti in causa il Tribunale di Bologna ha rilevato anzitutto che l'”oggetto della controversia fra le parti è la legittimità del diniego da parte della datrice di lavoro” delle ferie che il lavoratore aveva chiesto da ultimo. Tanto giustamente premesso, il Tribunale ha quindi richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “il lavoratore non può, contro l’espresso divieto del datore di lavoro, assentarsi unilateralmente a titolo di ferie in un periodo da lui scelto arbitrariamente che non coincida con quello stabilito dal datore di lavoro o concordato con le rappresentanze aziendali oppure preventivamente stabilito all’inizio dell’anno, atteso il contratto con le esigenze di un ordinato svolgimento dell’attività tecnico produttiva dell’impresa (già Cass. civ. sez. lav. n. 5393/1992)”. Sulla base di questi principi il Tribunale di Bologna ha ritenuto che anche laddove fosse stato illegittimo il diniego della società alla fruizione delle ferie, “tale supposta illegittimità non avrebbe comunque autorizzato il […] a essere assente dal lavoro, poiché – terminato il periodo di malattia – in assenza di autorizzazione della società avrebbe dovuto riprendere l’attività lavorativa, ma così non è stato. Dunque, nei giorni contestati la sua assenza deve ritenersi ingiustificata, perché non autorizzata“.

In conclusione: il Tribunale conferma l’orientamento della giurisprudenza secondo il quale la concessione delle ferie costituisce una prerogativa riconducibile al potere organizzativo del datore di lavoro e che, trattandosi di un periodo di tempo che deve essere coordinato con le esigenze di un ordinato svolgimento dell’attività di impresa, il lavoratore non può scegliere unilateralmente il periodo di loro godimento. Le conseguenze di un eventuale “colpo di testa” del lavoratore posso essere pesanti, l’azienda potendo sanzionare il dipendente che dopo aver visto respinta la richiesta di ferie si sia ugualmente messo in ferie.

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