“Sostenere che vivere per strada sia una libera scelta è un modo per far gravare sul singolo senza tetto una responsabilità spesso non sua. In strada ci si ritrova dopo che tutte le reti sociali, sempre più esili, sono state logorate. La traiettoria che ci ha portato qui è una somma di abbandoni sociali e personali”.



La quarta e ultima puntata del podcastCosì vicini” di Fondazione Progetto Arca, intitolata “Mai più soli”, si apre con la voce dell’antropologo e scrittore Federico Bonadonna, che per anni, a Roma, ha lavorato con e per le persone senza dimora e ne ha indagato le storie di vita. Le sue parole ci accompagnano alla scoperta delle zone più buie e nascoste delle nostre città, intrecciandosi con le voci dei volontari delle Unità di strada di Progetto Arca impegnate ogni sera ad offrire cene calde, beni contro il freddo e ascolto a persone che vivono una condizione di marginalità e solitudine estrema.



Il racconto di Bonadonna spinge a guardare con lenti nuove alcuni degli stereotipi più diffusi che circondano e a volte colpevolizzano i senzatetto. “La strada all’apparenza è un luogo dove si può stare nella massima libertà, ma provate ad immaginare di trovarvi in strada senza sapere dove andare, perché non avete né una casa, né un amico, né un parente, nessuno che vi accolga. La strada diventa allora una prigione senza sbarre” spiega Bonadonna. “Quando chiedevo a queste persone di ricordare la loro prima notte in strada, tutti i racconti erano accomunati dallo stesso sentimento: una paura terrificante”.



Ed è questo ciò di cui parlano Ambrogio, Aldo, Alberto e Giorgio. Le loro storie sono accomunate dalla paura, dalla solitudine, dalla fatica d’improvvisare ogni giorno soluzioni per sopravvivere, ma anche dal conforto che trovano nella scoperta dell’altro e dall’importanza di trovarsi vicini. “In strada senza amici uno muore di solitudine, che è la peggior morte che si possa avere” racconta Alberto, ex imprenditore agricolo classe 1938, da così tanti anni in strada che quasi non ricorda la sua età.

Come nelle precedenti puntate del podcast, anche qui la voce narrante è dell’autore e conduttore televisivo Marco Berry.

“Vent’anni… sono passati vent’anni da quando raccontavo in televisione le storie di persone che hanno perso tutto e sono finite a vivere per strada, quel programma si chiamava Invisibili. Oggi la situazione è peggiorata, si sono aggiunti i padri separati, gli ex carcerati che non vogliono più delinquere ma che non trovano lavoro e molti pensionati che non riescono ad arrivare a fine mese con il solo assegno assistenziale. L’unica cosa che non è cambiata, è la nostra attenzione, passiamo per strada e non ci accorgiamo che esistono, è il nostro inconscio che ci protegge, conosce la possibilità, il rischio che corriamo di diventare anche noi: Invisibili. Per fortuna ci sono associazioni come Progetto Arca che, come missione, si occupano di chi ha perso tutto fino a scivolare su quell’ultimo gradino della scala sociale. Cercano di fare molto ma soprattutto restituire quel senso di dignità aiutando le persone con una casa, un lavoro ma soprattutto seguendoli con un percorso di crescita.”

La quarta puntata di “Così vicini” chiude una serie iniziata con l’episodio dal titolo “Dov’è casa? Storie di chi fugge e di chi accoglie”, dedicato alle storie di alcuni dei profughi ucraini fuggiti dalla guerra e ospiti delle strutture di accoglienza di Progetto Arca a Milano.

La seconda, “Fra bisogni e desideri, storie di crisi e di chi l’attraversa”, è dedicata a chi affronta ogni giorno le conseguenze più drammatiche della crisi economica che l’intero Paese sta attraversando. Come Betti, 86 anni, 4 figli, 9 nipoti e una pensione minima che va a fare la spesa al Social market di Progetto Arca: “Qui so di trovare un aiuto economico e anche morale. È come stare in famiglia perché c’è dialogo e comprensione. E questo è importante. Tu mi puoi dare un pacco di pasta, e va bene, ma io ho bisogno anche dei tuoi occhi”. Tante le emozioni che si percepiscono dentro a ognuna di queste storie: paura e senso di vergogna sono le più comuni; invece dialogo, comprensione e un sorriso sono le necessità che emergono.

La terza puntata, “Alla ricerca di sé, storie di chi si perde e chi si ritrova”, vede come protagonisti alcune persone senza dimora ospiti delle strutture di accoglienza di Progetto Arca. Come Ennio che, per assistere il padre malato, ha sceso tutti i gradini della precarietà fino a dormire su una panchina della stazione. Quando gli si è presentata l’opportunità, ha saputo stringere forte la mano di chi gli offriva aiuto: oggi Ennio vive in una casa della Fondazione e ha intrapreso un percorso di reinserimento lavorativo. “Se una persona s’interessa a te, già cambia tutto. Ma il primo a crederci devi essere tu”, sono le sue parole. “Sono le storie delle persone che affianchiamo ogni giorno, con i loro inciampi ma soprattutto le loro risalite, storie di speranza e di futuro in cui conoscerci e riconoscerci, perché siamo tutti ‘Così vicini’” commenta Alberto Sinigallia, presidente di Progetto Arca.

“Così Vicini non è stato solo un progetto, ma un’apertura sul mondo, un mondo che spesso non vediamo, ma che è davvero davanti a noi” afferma Stefano Capraro, CEO di brandstories e del Gruppo This Is Ideal. “Siamo abituati a lavorare con le storie dei brand, delle persone, eppure questa volta possiamo essere grati a Progetto Arca per averci accompagnato per strada e nei centri di accoglienza, a raccogliere testimonianze di vita che ci hanno permesso di creare un progetto dai connotati forti e sicuramente innovativo per una realtà del mondo no-profit.”

Il podcast “Così vicini” è fruibile su Spotify e sulle principali piattaforme di distribuzione per podcast. Sul sito di Progetto Arca