A fronte dei terribili reati ed omicidi a cui abbiamo assistito negli ultimi giorni – partendo da Paderno Dugnano, per arrivare fino all’omicidio Verzeni e da lì a scendere – la scrittrice e pedagogista Susanna Tamaro ha pubblicato un’interessante riflessione sulle pagine del Corriere che parte da una constatazione (forse ovvia, ma spesso dimenticata): a causa del boom della tecnologia la società è scivolata “verso una dimensione molto pericolosa nella quale la maggior parte delle persone non è più consapevole di se stessa e vaga in un confortevole nulla”, con il conseguente riaffioramento “della parte più primitiva (..) degli istinti che vanno immediatamente soddisfatti“.



“I tragici e immotivati omicidi degli ultimi giorni – spiega ed analizza Tamaro – non sono che la punta di un iceberg di un gravissimo malessere” che si manifesta anche con un aumento di “passività, autolesionismo, alcolismo, uso degli stupefacenti, forza del branco come identità individuale” prendendo il posto di quella società magnifica e progressiva che si immaginava pochi decenni fa grazie alla già citata tecnologia.



Questa deriva secondo Tamaro è legata al fatto che se fin dalla più giovane età “un bambino non ha avuto altro nutrimento che la rete e (..) ha già assistito a un numero incredibile di omicidi, sparatorie e atti efferati” quasi inevitabilmente il suo cervello ha assorbito questa come realtà predominante e “se non è stata fatta un’opera di contenimento” da parte dei genitori, ma anche degli educatori e della società intera (..) quando si spreme [il cervello] esce ciò che ha assorbito“.

Susanna Tamaro: “Basta con l’idea che i bambini sono perfetti e non vanno educati”

Insomma – per metterla sotto altri termini -, secondo Tamaro il problema è quel “culto del bambino perfetto” che ha creato una società di “devoti” che credono di “non dover fare nessuno sforzo per contrastare queste oscure e ataviche pulsioni”; mentre in passato “la società, la scuola, la famiglia erano consapevoli che i difetti (..) andavano corretti” per far prevalere “le virtù davanti all’insolenza dei vizi” e davanti all’attuale baratro in cui ci troviamo e al boom di atti violenti compiuti anche da ragazzi poco più che bambini “non ci si può che avvolgere nel manto del moralismo, della (..) ricerca di una ragione psichiatricamente comprensibile e tranquillizzante“.



“L’educazione – continua Tamaro – è un cammino che dovrebbe proseguire tutta la vita” con una ferma (fermissima) forza di volontà nel modificare i propri atteggiamenti, senza la quale non resta che il predominio della “potenza” e del “desiderio [come] metro di ogni cosa” che ci spingono a pensare “che è lecito compiere ogni atto per realizzarlo”. L’unica soluzione secondo Tamaro è dire un netto “adesso basta” a comportamenti e consuetudini distruttive, a partire – sottolinea – “dall’uso ricreativo delle droghe“.

Su queste ultime – conclude – andrebbe abolita “la retorica dell’innocuità” perché anche se “leggere” sempre droghe rimangono e (similmente a tutte le altre, definite ‘pesanti’) “annullano la volontà e se, mescolate tra di loro con psicofarmaci e alcol, o se prese da persone con preesistenti problemi psichiatrici, possono avere un effetto devastante” che mostra la sua potenza nei tristissimi eventi di cronaca di cui ogni giorno leggiamo su giornali e notiziari.