L’altro giorno un amico mi ha chiesto: “Se ci tolgono il gas, noi cosa dobbiamo fare? Tu che sei stato vent’anni nella Siberia asiatica, dacci qualche consiglio”. Detto fatto.
Primo: non credere al mito della vodka che scalda. È vero, all’inizio dà questa illusione. Ma poi, passato il primo momento, per un processo di cui chiedere spiegazione ai dottori, fa esattamente l’effetto opposto. E poi mi sa che anche la vodka, come il gas, andrà a finire nell’elenco delle sanzioni.
Secondo: il movimento del corpo aumenta la circolazione del sangue, però bisogna evitare di esagerare, perché il cuore, soprattutto degli anziani, potrebbe risentirne. E poi, vista la situazione di freddo, un po’ di grassi potrebbero essere utili. Per cui…
Terzo: alla faccia di tutti i dietisti, di nascosto dai vegani e con la benedizione di Sant’Antonio del Porcello, è raccomandata una dieta a base di carne, non troppo grassa, ma neanche troppo magra.
Quarto: passiamo all’abbigliamento. Per quanto possa far freddo, non credo che in Italia si arriverà ai -40° che ho provato in Qazaqstan (adesso si scrive così). E poi la mancanza del gas creerà problemi al chiuso, perché all’aperto mi appare ininfluente. Anzi all’aperto, e di conseguenza un po’ anche al chiuso, speriamo in questo caso di poter contare sul fenomeno del riscaldamento globale.
Comunque è bene recuperare le vecchie maglie di lana che raccomandava, caldamente, la nonna e abbandonare le mezze calzette che oggi vanno tanto di moda per passare a quei calzerotti che fanno tanto “Festa della Befana”.
Si sconsiglia, poi, di continuare anche d’inverno a mostrare ombelichi al vento e di portare minigonne imbarazzanti. Oltretutto, come diceva mio nonno, esperto uomo di teatro: “Quand se tira su el sipari, quel che ghè, el ghè” che tradotto per i non addetti al lavoro significa: quando ci si mette in mostra, non è detto che si faccia una bella figura.
Visto che la scarsità del riscaldamento riguarda gli ambienti interni, ovviamente, è bene sigillare tutte le finestre, mettere delle coperture sotto le porte. In Siberia avevamo anche i doppi vetri.
Crozza consiglia di incrementare i rapporti umani, quelli proprio fisici, intimi. Certo, è una vecchia tecnica inventata non dalle professioniste del sesso, ma dai sopravvissuti dell’Artico, che comunque stavano stretti tenendosi i vestiti addosso.
Appunto: stretti stretti, ma con i vestiti addosso, perché senza, tranne quello stretto necessario per la dovuta intimità familiare, potrebbe essere controproducente.
C’è, infine, anche un altro aspetto delle regole di sopravvivenza al freddo siberiano, quello spirituale. Sì, lo so che qualcuno dice che non è per tutti, ma oggi mi sento generoso e voglio condividerlo con voi.
Evitando invocazioni esagerate perché si rinnovi il miracolo della Pentecoste (lingue di fuoco sul capo di ciascuno), passerei direttamente al rapporto con la Madonna, una che, fin dall’ingegnosa invenzione del riscaldamento bue + asinello, ha sempre trovato il modo di venire in nostro soccorso.
Non a caso il grande Dante nell’Inno alla Vergine ispirato a San Bernardo, dice:
Nel ventre tuo si raccese l’amore
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore
Che bello! Caldo e pace e per di più pace etterna! Che desiderare di più?
Infine, un’ultima confidenza, una “tecnica” da usare nei casi estremi. Quando i primi anni insegnavo all’Università Statale di Karaganda, due volte alla settimana avevo lezione alla prima ora, alle otto. La sede era lontana 800 metri da casa. E dovevo andarci a piedi. Provate voi a uscire al buio, all’aria aperta con una temperatura a volte anche di -20° (qualche volta, come già detto, anche -40°) rallegrata dal vento forte della steppa. Dopo un paio di tentativi di varcare il portone del vecchio caseggiato sovietico, andati male, dovevo ricorrere all’arma segreta: l’Angelus. Provate!
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