La magistratura si sente sotto attacco e l’Associazione nazionale magistrati insorge. Oggi la sezione milanese del sindacato dei giudici si riunisce per decidere se assumere iniziative di protesta in relazione a due importanti avvenimenti che hanno provocato le dure reazioni delle toghe e riempito le pagine dei giornali in questi giorni.
Prima questione. Il ministro Nordio ha deciso di mandare sotto processo disciplinare per “grave e inescusabile negligenza” i magistrati della Corte di Appello di Milano che nel 2023, dovendo decidere se concederne l’estradizione, avevano posto agli arresti domiciliari, con obbligo di indossare il braccialetto elettronico, l’imprenditore russo Artem Uss che, dopo poco settimane, evase rendendosi irreperibile.
Seconda questione che ha determinato lo stato di agitazione dei magistrati. Il Governo ha presentato nelle scorse settimane il più volte preannunciato disegno di legge costituzionale per realizzare la separazione delle carriere dei magistrati.
Occorre distinguere. Una cosa è giustamente rivendicare l’autonomia della magistratura nelle decisioni giurisdizionali, che in nessun modo debbono essere condizionate dalla politica. Il provvedimento concessivo degli arresti domiciliari all’imprenditore russo, se ritenuto errato, ben poteva essere impugnato dagli organi legittimati (cosa non accaduta), ma certo non può essere oggetto di rilievi disciplinari da parte del ministro, non essendo stati riscontrati un palese vizio motivazionale o una evidente violazione di legge.
È giusta quindi la protesta dei magistrati che hanno espresso piena solidarietà ai colleghi inquisiti lamentando un’indebita invasione di campo da parte dell’esecutivo. Altro è invece non volere a nessun costo accettare una riforma sacrosanta, quella della separazione delle carriere di pubblici ministeri e giudici, che punta a evitare gli inevitabili condizionamenti dei primi sui secondi e che intende porre su un piano di parità accusa e difesa nel delicato equilibrio che deve caratterizzare il processo penale.
Né appare fondato lo spauracchio della paventata dipendenza dei pm dall’esecutivo, stante il preciso dettato dell’art. 104 della Costituzione che, anche nel disegno di legge governativo, come già nella formulazione oggi in vigore, prevede senza mezzi termini che “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”.
Ingiustificato appare anche il dissenso della magistratura associata rispetto alla proposta di nominare i membri del CSM, l’organo di autoregolamentazione dei magistrati, tramite sorteggio per evitare le indiscusse cordate elettorali delle correnti che sempre condizionano le nomine come clamorosamente emerso a seguito delle rivelazioni di Luca Palamara.
È diritto di tutti, anche dei magistrati, protestare, ma bisogna ricordare a tutti che occorre che ognuno faccia la sua parte. La politica faccia le leggi e la magistratura si occupi dei processi. Senza interferenze reciproche e nel rigoroso rispetto della separazione dei poteri, principio che costituisce la base di ogni forma di democrazia.
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