Un gasdotto che porterà il gas dall’Azerbaijan alla Serbia attraverso la Bulgaria, riducendo la dipendenza energetica di Belgrado da Mosca. Almeno sulla carta. Sì, perché, come spiega Azra Nuhefendic, giornalista e scrittrice bosniaca che collabora con il quotidiano di Trieste Il Piccolo, in realtà attraverso l’impianto si coprirà soltanto una parte del fabbisogno serbo: il legame con Mosca, insomma, che l’Unione Europea vorrebbe vedere diminuire, in realtà resta molto saldo, anche se nel Paese arrivano molti più investimenti europei che russi.



Aleksandar Vucic, il presidente serbo, d’altra parte si appresta ad affrontare le elezioni che si terranno domenica e un’inaugurazione in più, in questi casi, non si nega a nessuno. Il suo atteggiamento, però, rimane ambiguo, a metà tra Ovest ed Est, con l’obiettivo di ricavare visibilità da ogni sua iniziativa. Una politica che non chiarisce la sua posizione: secondo alcuni analisti si sarebbe già accordato per concedere l’autonomia al Kosovo, anche se pubblicamente lo si rivendica come territorio serbo. “Questo gasdotto – dice Nuhefendic – non toglierà dall’oggi al domani la dipendenza dalla Russia, né rovinerà l’amicizia con Mosca”.



Quanto conta questo nuovo gasdotto per l’economia serba?

L’inaugurazione è stata fatta per le elezioni, che sono dopodomani 17 dicembre. La Serbia è ancora quasi al 100% dipendente dalla Russia per il gas, Mosca glielo vende a un prezzo molto buono. Questo gasdotto non entrerà in funzione subito: il gas comincerà ad arrivare nel 2024. Hanno fatto un favore a Vucic per le elezioni. È stato finanziato anche dall’UE e ha permesso alla Serbia di guadagnare credito dal punto di vista internazionale. È nell’interesse della UE che sta cercando di diminuire l’influenza di Mosca su Belgrado, anche se Vucic non vuole troncare i rapporti con Putin. L’Europa vuole anche risolvere la questione del Kosovo e ha bisogno del governo serbo per questo: secondo alcuni media e analisti serbi l’attuale presidente avrebbe già firmato per far diventare il Kosovo uno Stato indipendente. Vucic dice pubblicamente che non è stato ancora definito niente, ma è un gioco diplomatico, lo fa solo per non avere problemi all’interno del Paese.



Ma la dipendenza dalla Russia, per quanto riguarda il gas, diminuirà grazie al nuovo impianto?

Il nuovo impianto non assicura un approvvigionamento in grandi quantità. La Serbia dovrà rivolgersi ancora alla Russia, con la quale ha un contratto ancora di due anni a prezzi convenienti. Il gas russo, d’altra parte, arriva anche in altri Paesi europei: nella stessa zona succede in Bosnia, nel Kosovo, in Macedonia. Si stanno cercando vie alternative come quella, appunto, che attinge al bacino del Caspio, all’Azerbaijan, che ha buoni rapporti con la Serbia, anche se non ha grande reputazione internazionale rispetto ai diritti umani. D’altra parte Erdogan, che accusa Israele di essere un Paese terrorista, ha permesso che il gas azero passasse sul suo territorio per arrivare proprio agli israeliani. Così funziona la diplomazia quando ci sono interessi da curare.

Perché Vucic ha così bisogno di un’inaugurazione del genere in campagna elettorale: deve far vedere che non guarda alla Russia ma alla Ue?

Non ne ha bisogno, i serbi sono favorevoli alla continuazione del legame con la Russia. Gli basta farsi vedere.

Ma i rapporti della Serbia con la Russia come sono adesso?

Ottimi, non c’è nessun problema. Anche in relazione alla guerra in Ucraina la Serbia non si è mai dichiarata apertamente contro la Russia e non ha mai imposto sanzioni. Vucic fa la politica che per 50 anni ha fatto Tito, tra Est e Ovest.

La Serbia è più legata a Mosca o a Bruxelles?

Per la propaganda è più amica della Russia, ma per quanto riguarda i soldi che arrivano per finanziare progetti i legami sono più forti con la Ue, anche se non viene detto in pubblico. L’Europa investe molto di più in Serbia che in Bosnia, Macedonia e Montenegro.

Al di là della fornitura del gas, quali rapporti intrattengono?

Militari, ad esempio: i serbi comprano armi dalla Russia. Nel Sud del Paese è stata realizzata una struttura battezzata come Centro per l’emergenza umanitaria, ma è una base russa, con armi e ufficiali che addestrano. Vucic fa il doppio gioco: va a Bruxelles, stringe accordi, poi davanti alla sua gente dice cose completamente diverse da quello che sono in realtà. Ha un comportamento ambiguo, talvolta fino alla caricatura. In un raduno di suoi sostenitori a Belgrado ha detto che nessuno ha costruito così tanto come con lui, ma non è vero.

Alla fine, Vucic resterà legato alla Russia sfruttando la Ue per gli investimenti?

Sì, fin che può farà così. Di un’entrata nella UE si parla da trent’anni e non si è mai concretizzato niente. Sta diventando un po’ una presa in giro. La Bosnia doveva entrare nella Ue subito dopo la guerra, solo per quello che aveva sofferto. Invece è stata accettata prima la Croazia. Eppure era accusata di crimini di guerra. Poi è toccato alla Bulgaria e alla Romania.

Le previsioni, comunque, dicono che sarà Vucic a vincere le elezioni, sarà così?

Probabilmente sì. Dipende dai media. Io ho lavorato in Serbia e so cosa vuol dire: i media sono strapotenti, in particolare la tv. Milosevic vinceva grazie a loro e la stessa cosa fa Vucic. Ogni sera parla due ore su canali a frequenza nazionale. Per tre mesi la gente ha protestato ogni venerdì contro queste tv perché hanno programmi che sono peggio del Grande Fratello. Ma Vucic controlla i media, la tv pubblica e altre due private, e l’opposizione non ha accesso.

(Paolo Rossetti)

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