Sono passati 20 anni dal delitto di Arce in cui perse la vita la 18enne Serena Mollicone. Ieri si è celebrato il triste anniversario di un omicidio che ancora oggi continua a sconvolgere. Quel venerdì di un ventennio esatto fa, la giovane uscì di casa per andare dal dentista e poi a scuola, ma non vi fece mai più ritorno. Cosa accadde nel mezzo? Il suo corpo senza vita fu ritrovato due giorni dopo, legato ed imbavagliato, in un bosco distante pochi chilometri dalla sua abitazione. Solo 20 anni dopo, con alle spalle un processo senza colpevoli e numerose indagini, finalmente si celebre in questi giorni in Corte d’Assise il processo che potrebbe dire la verità su quanto accaduto ad Arce. Il nuovo processo vede tra gli imputati Franco Mottola, all’epoca dei fatti comandante dei carabinieri, sua moglie, il figlio ed altri due militari.
Per la procura sarebbero loro i responsabili, a vario titolo, dell’omicidio della giovane Serena ma anche dei numerosi depistaggi intervenuti successivamente nonostante ancora oggi non sia chiara la verità su quanto accaduto. “Vogliamo sapere che cosa è successo veramente a mia sorella. Chi è stato complice e non ha parlato in questi anni, speriamo lo faccia; e chi ha nascosto ciò che sapeva, speriamo ci dia altre informazioni“, sono le parole della sorella Consuelo rese al Corriere della sera. Lei è l’unica della famiglia ancora in vita dopo la morte della mamma quando Serena era ancora una bambina e quella di papà Guglielmo avvenuta un anno fa ancor prima di poter ottenere giustizia per quella figlia uccisa brutalmente.
SERENA MOLLICONE, 20 ANNI SENZA LA VERITÀ
Adesso potrebbe finalmente giungere, venti anni dopo, l’attesa verità sulla morte di Serena Mollicone. Lo zio Antonio, fratello di papà Guglielmo, al Corriere ha commentato: “Abbiamo molta fiducia nell’esito di questo processo. Ci sono persone che hanno testimoniato in modo preciso e altre persone più vaghe, ma la verità è una e alla fine si arriverà a quella”. La difesa dei Mottola tuttavia parla di un “impianto accusatorio imperfetto”. I difensori degli imputati sono certi che emergerà un’altra verità secondo la quale “Serena non è stata uccisa in caserma” e che “l’arma del delitto non è la porta di uno degli appartamenti degli ufficiali”.
Nelle prime udienze del processo si è provveduto a ricostruire il ritrovamento del cadavere di Serena e sono stati ascoltati coloro che per primi si occuparono delle indagini. Secondo l’ex comandante della stazione dei carabinieri di Fontana del Liri, Gabriele Tersigni, altro non si trattò che di una “messinscena” in cui rientrerebbe anche l’istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi, il carabiniere che per primo disse di aver visto Serena entrare in caserma per non uscirne più. A commentare la vicenda è stato anche l’avvocato Dario De Santis, che rappresenta nel processo Guglielmo Mollicone, il quale ha dichiarato: “L’attesa delle giustizia è durata più della vita di Serena e già questo è una negazione della giustizia stessa. Peggio però sarebbe se alla fine del processo la stesa giustizia venisse negata del tutto”.