Colpo di scena in Corte d’Assise a Cassino, dove si sta svolgendo il processo sull’omicidio di Serena Mollicone. Imputati del delitto della giovane sono Marco Mottola, il padre e maresciallo dei carabinieri Franco Mottola e la mamma Anna Maria. Adesso però, 20 anni dopo la morte di Serena accade che un testimone cambia versione rispetto ai precedenti verbali e addirittura fornisce un possibile alibi ad uno dei tre imputati.



Come riferisce Corriere della Sera, si tratta di Davide Bove, amico di Marco Mottola, il quale dopo aver sempre risposto nei precedenti tre verbali nell’arco di venti anni con “non ricordo”, sembra aver recuperato all’improvviso la memoria al punto da riferire: “La mattina dell’1 giugno Marco Mottola era ai giardinetti con me”. Almeno nelle intenzioni, dunque, fornisce un alibi all’amico ma per la Corte si tratta di “falsa testimonianza” e per questo ha deciso di inviare gli atti in procura forse anche come monito futuro alla luce delle testimonianze finora fornite e che hanno destato non pochi dubbi.



Omicidio Serena Mollicone: testimone smentito da tabulati

Il testimone Davide Bove ai giudici dubbiosi sui suoi ricordi si sarebbe giustificato sostenendo che le precedenti testimonianze lo avrebbero aiutato a ricordare. A smentire le sue dichiarazioni, tuttavia, ci sarebbero i tabulati telefonici di quella mattina: dall’utenza fissa dell’alloggio dei Mottola in caserma partì una telefonata a casa Bove di un minuto e mezzo alle 11.34. Ne seguì sei minuti dopo una telefonata da Bove ai Mottola della medesima durata. In passato Bove aveva messo a verbale: “Dal fisso di casa mia l’unico che poteva contattare il cellulare di Marco ero io; e dal fisso dei Mottola l’unico a poter chiamare casa mia era Marco, nessun altro conosceva il numero”.



Ciò porta a collocare il giovane Mottola in caserma nel momento in cui sarebbe giunta Serena Mollicone ed andrebbe a smentire l’incontro con l’amico. Spuntano anche altri dettagli inquietanti sulla loro amicizia: pare infatti che fossero soliti fare uno di droga nei locali della caserma come emerso dall’informativa dei carabinieri di Frosinone che hanno condotto le indagini. Gli stessi militari misero in evidenza anche il clima di copertura e depistaggi che caratterizzavano la gestione della caserma e le prime indagini condotte dal maresciallo Mottola che cercò di coprire il figlio sotto vari aspetti.