Serena Mollicone non è stata uccisa nel bosco dove è stata ritrovata ma nell’appartamento della caserma dei carabinieri di Arce. Come spiegato dai Ris in udienza, le tracce di legno e di resina trovate sulla testa della ragazza non erano state contaminate dall’ambiente esterno dove è stato trovato il cadavere: questo perché la busta sulla testa, che le era stata messa, la sigillava. Le 139 tracce generiche, di cui 111 di pelle e bigattini, 23 di legno, 3 di legno e colla e 2 di resina, sono “genuine”. La grande quantità di legno, secondo gli esperti, porta proprio a dedurre che l’arma del delitto sia una porta. Questo è quanto è emerso dall’udienza alla corte d’Assise d’Appello di Roma, nel processo per l’omicidio della 18enne uccisa ad Arce, in provincia di Frosinone, nel 2001.
Il luogotenente Casamassima, come spiega Rai News, ha affermato: “Da tecnico e non da investigatore e sulla base degli elementi isolati sul nastro adesivo, escludo che la ragazza sia stata uccisa sul posto dove è stato trovato il cadavere”. Parole che ricalcano quelle degli specialisti del Ris di Roma dei carabinieri, Vittorio Della Guardia, Ferdinando Scatamacchia e Rosario Casamassima: “Abbiamo analizzato i due nastri adesivi che erano attorno alla testa e al sacchetto dell’Eurospin sul volto di Serena Mollicone, perché contenevano i capelli: su quelli ci siamo concentrati. I capelli erano importanti perché era stato trovato il frammento ligneo dalla professoressa Cattaneo che prevedeva quindi lo scontro di Serena contro la porta”.
Serena Mollicone, i Ris: “I risultati non sono incerti”
I carabinieri dei Ris hanno ricostruito che sulla suola delle scarpe di Serena Mollicone sono state rinvenute delle particelle “relative al settore del polish, della attività di carrozzeria e pulizia industriale”. “Elementi cellulari” sono stati rinvenuti anche sui leggings: questo “fa ritenere” che il contatto tra il corpo e l’oggetto “sia avvenuto quando questo era sdraiato”. Ad uno dei carabinieri del Ris il sostituto procuratore generale ha chiesto se possano esserci state contaminazioni. Lui ha risposto: “Non posso escludere che possa esserci stata questa contaminazione di cui parlo nel portabagagli di un’auto. Perché gli utensili usati per l’attività di cui diciamo rilasciano e sporcano”.
Questo “porterebbe all’ipotesi di un complice” secondo il magistrato. Il carabiniere allora ha spiegato: “Come tecnico ricordo che il cadavere era confezionato per non rilasciare liquidi”. E “per chiudere le vie aeree bisogna avere delle conoscenze di criminalistica”. Per i Ris “i nostri risultati non sono incerti” come scritto nella sentenza di primo grado e “non è vero nemmeno che sono inconcludenti”. Inoltre “le analisi eseguite supportano l’ipotesi che Serena Mollicone sia entrata in caserma. Gli elementi, legno, resina e colla, che trovo sul nastro che avvolgeva il capo di Serena Mollicone sono riconducibili a una porta dell’alloggio della caserma”. Inoltre la traccia di vernice ha le stesse formazioni presenti sullo sportello della caldaia acquisita nell’appartamento a trattativa privata all’interno della caserma.