Emergono nuovi dettagli sull’omicidio – a lungo dibattuto e per ora senza alcuna spiegazione – di Serena Mollicone che è attualmente oggetto di un nuovo dibattimento processuale con il quale l’accusa chiede alla Corte d’Assiste d’Appello di rivedere l’assoluzione dei cinque presunti responsabili individuati nelle persone dell’ex comandante dei carabinieri Franco Mottola, di sua moglie Anna Maria, del figlio Marco e di due altri carabinieri. Inizialmente le indagini si concentrarono sul carrozziere Carmine Belli che – si suppose – aveva un appuntamento con Serena Mollicone proprio la mattina della scomparsa; ma in un secondo momento il carabiniere Santino Tuzi (che si è poi tolto la vita dopo questa rivelazione) disse che la ragazza quella mattina entrò attorno alle 11 nella Caserma di Arce per poi non uscirne più.
L’accusa a Belli venne smentita in tribunale e l’uomo è ricomparso in aula in questi giorni per raccontare ancora una volta la sua versione, partendo dal fatto che vide la ragazza “il 1 giugno 2001 davanti al bar Chioppetelle” in compagnia con “un ragazzo” non meglio identificato. Il carrozziere avrebbe notato anche che quella che identificherebbe – “forse” – come Serena Mollicone era trattenuta dall’altro ragazzo con un braccio, “come se lei volesse attraversare la strada ma lui la stesse bloccando“.
Il collega di Belli: “Abbiamo visto Serena Mollicone il 31 maggio, non l’1 giugno”
Due dettagli del racconto di Belli saltano all’occhio: da un lato il fatto che la presunta Serena Mollicone e il suo accompagnatore “mi erano sembrati più o meno della stessa altezza“; dall’altro che il ragazzo “aveva i capelli biondi meshati a spazzola“. Dettagli che potrebbero cambiare la sorte del processo, perché dimostrerebbero che il ragazzo in questione non era Marco Mottola, dato che oltre ad essere più alto di Serena Mollicone, al funerale di quest’ultima è apparso senza mash bionde (nonostante alcuni testimoni ricordano che poco prima li avesse tinti in quel modo).
Ancor più importante, poi, la versione del collega di Belli, Pier Paolo Tomaselli, che quella mattina era con lui in macchina, dato che ricorda chiaramente che “era il 31 maggio” anche se in una prima fase delle indagini aveva confermato il primo giugno. “Belli mi chiese ‘hai visto come piange questa ragazza?'”, ha ricordato Tomaselli, ponendo poi l’accento sul fatto che le sue false testimonianze sul caso di Serena Mollicone erano dovute al fatto che “chi faceva le indagini mi aveva adombrato il carcere. Ogni interrogatorio era drammatico, venni preso a schiaffi per dire che l’avevo vista. Avevo paura di non essere creduto e di finire in prigione”, ma oggi si dice “sicuro della data”.