Indizi non sorretti da prove: questo sostengono le motivazioni con cui i giudici della Corte d’Assise di Cassino hanno assolto le cinque persone accusate dell’omicidio di Serena Mollicone, cioè la famiglia Mottola (padre, madre e figlio) e due carabinieri. Gli «esiti dibattimentali non offrono indizi gravi, precisi e concordanti sulla base dei quali possa ritenersi provata, oltre ogni ragionevole dubbio la commissione in concorso da parte degli imputati della condotta omicidiaria contestata». Dunque, come era stato esaminato approfonditamente, «numerosi elementi indiziari, costituenti dei tasselli fondamentali dell’impianto accusatorio del pm, non sono risultati sorretti da sufficiente e convincente compendio probatorio».



Per i giudici, dunque, «non sono stati provati molti degli asseriti depistaggi che secondo l’accusa il maresciallo Mottola avrebbe compiuto in sede di prime indagini». Di conseguenza, vengono considerate «convincenti le critiche formulate dai consulenti medico legali delle difese» che «valorizzando la prima consulenza tecnica della dott.ssa Conticelli, hanno sostenuto l’incompatibilità tra il quadro lesivo presentato da Serena e l’impatto contro una superficie piatta e ampia (come una porta, appunto)».



“IMPRONTE DIMOSTRANO COINVOLGIMENTO DI IGNOTI”

Marco Mottola, il padre Franco, ex comandante della caserma di Arce, e la madre Anna Maria sono stati assolti per non aver commesso il fatto dopo che la procura aveva chiesto una condanna a 24 anni per il primo, 30 per il padre, e 21 anni per la madre per concorso in omicidio. Nonostante le «carenze probatorie» nei confronti degli imputati assolti nel processo per l’omicidio di Serena Mollicone, i giudici evidenziano «come dall’istruttoria dibattimentale siano emersi consistenti e gravi elementi indiziari dai quali si deve necessariamente desumere l’implicazione nella commissione del delitto in esame di soggetti terzi, che sono rimasti ignoti». I giudici della Corte d’Assise di Cassino hanno aggiunto che «ci si riferisce in primo luogo al rinvenimento di impronte dattiloscopiche all’interno dei nastri adesivi che legavano le mani e le gambe di Serena, impronte ritenute utili per l’identificazione e che non appartengono agli imputati». Su una impronta, comunque, «risulta essere stato rinvenuto un profilo genetico misto con contribuente maschile, di cui è stata esclusa la patenità degli imputati».

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