A pochi giorni dalla lettera che la figlia di Santino Tuzi ha indirizzato al padre scomparso, riecheggia nell’aula della Corte d’Assise del tribunale di Cassino la voce del brigadiere dei carabinieri suicida, morto portando probabilmente con sé la verità sulla fine di Serena Mollicone.
I giudici hanno infatti ascoltato l’intercettazione fra Tuzi e l’amante, Anna Maria Torriero: è il 28 marzo 2008, poche ore prima dell’interrogatorio in cui il brigadiere confesserà di aver visto la giovane vittima nella caserma di Arce il 1 giugno del 2001. Come riportato da Il Corriere della Sera, Santino Tuzi dice alla donna: “Sono stato chiamato per motivi di lavoro“; lei non si accontenta: “Che è successo? Per cosa ti hanno chiamato? Per la questione dei colleghi o quella della ragazza?“. E Tuzi ammette: “La ragazza“. In aula, però, la Torriero ha negato di essere stata messa a conoscenza di ulteriori dettagli sulla fine della ragazza, che pure ha detto di aver visto in più occasioni in caserma, dove lei si recava frequentemente per portare il pranzo al Tuzi, cui era legata da una relazione sentimentale.
Santino Tuzi e i “non ricordo” dell’ex amante
Tanti i “non ricordo” pronunciati durante l’udienza da Anna Maria Torriero, ma a non crederle è proprio la figlia di Santino, che si domanda perché la donna abbia parlato della “ragazza” (appunto Serena Mollicone) per poi negare di sapere qualcosa sulla vicenda: “Quella donna mente. Sa molte più cose di quanto voglia far credere. Ci ha costretti ad ascoltare aspetti della vita intima con nostro padre che sono stati laceranti. Avrebbe dovuto, se non altro per umana pietà, dire la verità. Mio padre è morto ma non merita di essere oltraggiato come sta accadendo in questo processo“. Maria Tuzi, figlia di Santino, prosegue scagliandosi con la difesa dei cinque imputati, che sta concentrando le sue attenzioni sulla figura di Santino Tuzi e sul fatto che per 7 anni non abbia parlato della morte della giovane di Arce: “È da vigliacchi – dice la figlia del brigadiere – da disumani, accanirsi su chi non può difendersi. Mio padre è stato un uomo coraggioso e se oggi si sta celebrando un processo è solo grazie alla sua testimonianza. Se fosse stato lui ad uccidere quella povera figlia non avrebbe mai parlato. Mio padre non era un assassino, mio padre era un uomo buono che amava la divisa più della sua vita e quella divisa lo ha lasciato solo, lo ha tradito. Abbandonato da tutti, isolato e sbeffeggiato dai colleghi mio padre è stato indotto al suicidio. Lo stato di agitazione in cui versava era noto a tutti ma nessuno ha pensato di toglierli la pistola“.
Santino Tuzi e le ultime parole prima del suicidio
A proposito della pistola, secondo quanto riportato da “Il Corriere della Sera”, la Torriero ha detto: “Il giorno che Santino si è ucciso, l’11 aprile del 2008, ho trovato sul pianerottolo di casa un mazzo di fiori ed una stecca di sigarette con un biglietto su cui c’era scritto: ‘Queste rose appassiranno ma l’amore che ho per te resterà eterno’“. Presente, secondo il racconto della Torriero, anche un secondo biglietto, posato sulla stecca di sigarette, su cui aveva scritto: “Questo vale per tutte le volte che non sono riuscito a portarle“. La Torriero ha parlato di “un gesto che mi ha turbata e per questo l’ho chiamato al telefono e l’ho invitato a tornare indietro. Lui ha preferito vedermi qualche ora dopo e lì ho capito che non era lui. Mi ha mostrato la pistola che aveva sotto il maglione. Lui che odiava girare con le armi. Mi ha detto: ‘Vedi ho la pistola’ ed io ho avuto paura. Cercavo di calmarlo ma poi è andato via dicendomi: ‘Tra poco ti faccio sapere dove devi portare le rose’. Per questo ho allertato i colleghi che hanno iniziato a cercarlo. Mi ha nuovamente chiamata al telefono ed ho provato a calmarlo ma poi mi ha detto: ‘Addio amore mio’ ed ho sentito lo sparo. Da quel giorno ad un orecchio non ci sento più“.