Approderà in Cassazione il processo per l’omicidio di Serena Mollicone, concluso nei primi due gradi di giudizio con l’assoluzione dei cinque imputati: la famiglia Mottola (l’ex comandante della caserma di Arce, Franco, sua moglie Annamaria e il figlio Marco) e i carabinieri Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano in servizio nella stessa stazione dell’Arma all’epoca del delitto della 18enne avvvenuto nel giugno 2001.



È la novità che arriva con l’annuncio del ricorso imminente contro le assoluzioni da parte della Procura generale presso la Corte d’appello di Roma, che ha deciso di impugnare la sentenza come dichiarato poche ore fa dal pg Giuseppe Amato, riporta Ansa. “Il nostro lavoro investigativo – queste le parole del magistrato – è stato fatto bene sia in primo che in secondo grado e riteniamo per questo che ci siano motivi per ricorrere in Cassazione“. Una tesi che il pool difensivo ha contrastato, pubblicamente e aspramente, a stretto giro attraverso un comunicato diffuso dal criminologo consulente dei Mottola, Carmelo Lavorino.



Serena Mollicone, Procura generale contro l’assoluzione dei Mottola: la dura replica del pool difensivo

Il 12 luglio scorso, i Mottola e i due carabinieri Quatrale e Suprano erano stati assolti dalla Corte d’Appello di Roma dalle accuse di essere coinvolti, a vario titolo, nel caso dell’omicidio di Serena Mollicone. Secondo la giustizia, che si è espressa in modo identico nel primo e nel secondo grado del processo, non vi sono elementi certi per esprimersi “oltre ogni ragionevole dubbio” sulle eventuali responsabilità in merito al delitto di Arce. La famiglia della 18enne uccisa aveva già annunciato l’intenzione di ricorrere per Cassazione, convinta che l’esito finora stabilito dai giudici sia sbagliato.



Innamoramento del sospetto e dell’intuizione sbagliati, fissazione su un’ipotesi apodittica, adattamento dei fatti alla teoria e non della teoria ai fatti“. Così Carmelo Lavorino, consulente del pool difensivo di Mottola, ha risposto duramente alla tesi della Pg che sostiene che il “lavoro investigativo è stato fatto bene“. Il criminologo ritiene che si stia insistendo nell’errore, per di più sulle spalle dei contribuenti: “Sono entrati nel deserto e lì continuano a vagare, seguendo il nulla mischiato col niente: illazioni, pettegolezzi, forzature ed errori congetturali. Prove scientifiche forzate e sballate, ipotesi investigative senza valore, nessuna ricostruzione logica di movente, di motivazioni, di circostanze, di situazioni e di cronologie temporali. Non hanno indizi contro gli imputati, non hanno prove, tutto è a favore della tesi della difesa. Stanno sprecando tempo, risorse, piste investigative e i soldi del contribuente. Per Lavorino, si tratta di “un sistema errorifico che difende i propri errori” nonostante l’assenza di elementi concreti a carico degli imputati.

Caso Serena Mollicone, le motivazioni dell’assoluzione dei Mottola

Perché i giudici hanno assolto i Mottola? Secondo le motivazioni della sentenza di secondo grado, contro cui la Procura generale ha annunciato ricorso per Cassazione, non ci sono certezze sulla ricostruzione della vicenda e per questo il delitto di Arce resta irrisolto.

Per la Corte d’appello, non è chiaro se Serena Mollicone sia entrata nella caserma di Arce né vi sono prove nitide sul fatto che sia stata “scagliata contro la porta” come invece sostenuto dall’accusa. Ad alimentare le incertezze, inoltre, secondo i giudici sarebbe la mancata prova del movente”, definito “evanescente” nelle motivazioni della sentenza. Allo stato attuale, si legge nel documento, è impossibile emettere un giudizio di condanna scevro di dubbi e una sentenza di colpevolezza “sarebbe costruita su fondamenta instabili. L’ultima parola spetta ora alla Cassazione.