Tracce di legno sono state trovate sul nastro adesivo che avvolgeva il capo di Serena Mollicone quando venne trovato il suo cadavere. La novità che segna una svolta importante alla vicenda è che queste tracce sono compatibili con la porta dell’alloggio della caserma di Arce. Lo hanno rilevato i carabinieri del Ris negli accertamenti tecnici illustrati nella giornata odierna nel processo a carico del maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, ex comandante della stazione di Arce, la moglie Anna Maria e il figlio Marco, il maresciallo Vincenzo Quatrale e l’appuntato Francesco Suprano. Quest’ultimo è accusato di favoreggiamento, gli altri di concorso in omicidio.



Dalle analisi degli specialisti dell’Arma è emersa la conferma che Serena Mollicone urtò violentemente contro la porta. La forma del cranio della 18 enne si incastra perfettamente con la lesione nella porta degli alloggi nella caserma dei carabinieri di Arce contro cui sarebbe sbattuta per mano degli imputati. Non solo: frammenti di legno, resina e vernice, compatibili con la porta della caserma, sono stati trovati sul nastro adesivo.



“SERENA MOLLICONE NASCOSTA E TRASCINATA”

Inoltre, lo stesso tipo di ruggine presente sul nastro e quella sullo sportello della caldaia con cui sarebbe venuto a contatto sono compatibili. Prove che la pm Beatrice Siravo aspettava per sostenere che dopo essere stata tramortita dall’urto con la porta, Serena Mollicone fu «nascosta» in caserma in attesa di sbarazzarsi del suo corpo ancora in vita, legandolo e imbavagliando con quel nastro adesivo che ora quindi può rappresentare una prova decisiva. Stesse tracce compatibili sono presenti sui vestiti e la tomaia, ma non la suola, delle scarpe, quindi sono state «assorbite» mentre il corpo era steso e non in piedi. Questo potrebbe essere un indizio «da ricollegare verosimilmente al fatto che Serena sia stata trascinata». Già l’antropologa forense Cristina Cattaneo aveva spiegato il 21 gennaio di aver trovato sul cadavere della giovane «ecchimosi e contusioni avvenute quando c’era attività vitale».



“PRIMA STORDIMENTO, POI ASFISSIA”

Segni, quindi, di una colluttazione perché Serena Mollicone aveva provato a difendersi. Le analisi, eseguite con macchinari di ultima generazione, hanno confermato la presenza di un trauma cranica nella regione sinistra. Il forte urto probabilmente causò lo stordimento di Serena Mollicone e sarebbe avvenuto contro una superficie «ampia e piana». I periti in merito a ciò affermano che vi sia una compatibilità «tra il cranio di Serena e la porta della caserma dei carabinieri di Arce contro cui sarebbe stata fatta sbattere». Cristina Cattaneo aveva quindi spiegato che una ipotesi «molto probabile» è che «il trauma cranico abbia provocato uno stordimento e poi la morte sia giunta per asfissia meccanica», cioè a causa del sacchetto di plastica infilato in testa, anche se su questo non ci sono elementi «per dirlo con certezza».