Sergio Cofferati, ex leader Cgil è a favore di armi e sanzioni per aiutare l’Ucraina

“Sanzioni e armi agli ucraini” E’ così che Sergio Cofferati risponde all’intervistatore, Stefano Zurlo, de “Il giornale” quando gli viene chiesto quale strategia adottare per aiutare questo Paese aggredito. “Dobbiamo armare l’Ucraina. Noi nel periodo 43′-45′ abbiamo avuto di più. Gli alleati ci davano anche i soldati oltre alle armi. Polacchi, americani e neozelandesi hanno dato la vita per il nostro Paese.”



E aggiunge che non comprende chi solleva polemiche contro gli Usa e la Nato: “Tutti devono contribuire alla lotta per la libertà di Kiev. C’è un paese aggredito e noi dobbiamo stare con loro. Dobbiamo aiutarli in tutti i modi. Dobbiamo portare la nostra solidarietà: il cibo, i vestiti, le medicine. Ma non solo. Dobbiamo andare avanti con le sanzioni. Queste devono essere sempre più mirate ed efficaci e da questo punto di vista l’Europa deve avere una voce sola”.



Sergio Cofferati non ha dubbi: ” E’ meglio reagire anche a costo della morte. Arrendersi mai.”

Sergio Cofferati sostiene che finora si è fatto un piccolo passo in avanti, rispetto all’inerzia precedente, ma il cammino da compiere è ancora lungo. E’ questa, per lui, l’occasione giusta per promuovere una politica estera e per dotare la Ue di un esercito. Questo però sarà un percorso che durerà anni. Riguardo alla querelle sulla Brigata Ebraica sostiene che: “Gli ebrei hanno subito nel corso della Seconda guerra mondiale uno scempio senza precedenti nel cammino dell’umanità. Francamente queste discussioni mi paiono fuori dal mondo. Sarebbe invece il caso di imparare qualcosa dagli avvenimenti.”



Quando Stefano Zurlo, de “Il Giornale” gli domanda se sia meglio arrendersi piuttosto che morire, Sergio Cofferati non esita a rispondere che: “Senza democrazia gli ucraini non avrebbero garanzie per il loro futuro”. E aggiunge: “Anche i nostri partigiani furono aiutati. Bologna fu liberata il 21 aprile da un contingente polacco. Questa è la nostra storia, non possiamo cavarcela con la retorica. Il 25 aprile è la festa della libertà. E’ la nostra festa, ma deve essere anche la loro”.