Sergio Rubini è intervenuto in qualità di ospite ai microfoni della seconda puntata stagionale di “Ciao Maschio”, programma di Rai Uno condotto da Nunzia De Girolamo e andato in onda nella seconda serata di sabato 19 febbraio 2022. L’attore e regista ha innanzitutto parlato della sua capigliatura: “Non mi sono mai pettinato in vita mia. Dietro a questo mio problema con i capelli si è costruita una fittizia personalità, in quanto suggerisco l’idea di essere uno un po’ inaffidabile, quando invece sono uno molto bacchettone, ordinato e preciso. L’abito non fa il monaco”.



Niente trasgressioni, dunque? “La trasgressione è un atto fondamentale dell’artista. Delle volte mi sono chiesto se io sia mai stato davvero trasgressivo: forse no. Ecco, questo è il mio cruccio, in quanto bisogna avere più coraggio. Ho avuto una famiglia trasgressiva, in realtà: sono nato in un piccolo paese agricolo della Puglia degli anni Sessanta, dove mio padre, ferroviere, era appassionato di teatro. Per me studiare al pomeriggio era complicato, così studiavo di notte. I miei genitori sono stati fratelli maggiori, mi hanno aiutato molto e anche nella scelta del mio mestiere non sono stati un ostacolo, né mi hanno caricato delle loro aspettative”.



SERGIO RUBINI: “QUANDO ERO SPOSATO CON MARGHERITA BUY…”

Nel prosieguo di “Ciao Maschio”, Sergio Rubini ha rivelato di essere particolarmente pignolo come regista, aspetto del suo carattere ereditata dai grandi maestri che ha avuto. Tra questi, figura anche Federico Fellini, che “mi chiamava al telefono alle 6 del mattino. Io avevo 22 anni. A quell’ora lui aveva già letto tutti i giornali o un manoscritto che gli aveva mandato qualche giovane scrittore e voleva commentare. Io, da parte mia, non volevo farmi beccare addormentato, così puntavo la sveglia. Ero sposato all’epoca con Margherita Buy, che pensava fossi un pazzo, perché non solo mettevo la sveglia alle 6, ma facevo anche esercizi vocali per non farmi trovare con la voce impastata”.



Infine, un aneddoto personale, legato alla scomparsa della madre: “Diventiamo tutti fratelli quando si parla dei lutti più gravi, no? Ho perso mia mamma e ho dovuto indicarle la strada per due anni, scegliere i medici migliori per lei. Quella è stata un’occasione nella quale ho capito che dovevo rimboccarmi le maniche e darmi da fare. È stata una delle esperienze più potenti della mia vita. La capacità di far fronte alle avversità ci rende uomini. È vitalizzante vivere un’avversità”.