In Serie A è la giornata numero 12.

Tutto è partito con il ricordo della vittoria del Milan contro un Real Madrid arruffone e senza senso tattico: tutti avanti, “vamos”, e così si prendono tre pere.
È bastato il Cagliari di Nicola per far comprendere ai casciavit che, se l’avversario ti prende sul serio, tutto diventa difficile, specialmente se hai una difesa da rivedere. I rossoneri hanno un grande giocatore, Leao. Se il portoghese non fosse stato in grande forma, il Diavolo non avrebbe fatto punti a Cagliari. Fonseca ha saputo metterlo in riga e ciò va a suo merito.



Diversa è la Juve. Non ha il grande campione, ma i suoi titolari sono mediamente superiori a quelli del Milan. I Gobbi hanno poi trovato un Torino decimato che, per metà gara, non è neanche sceso in campo e, quando ha tentato di farlo, si è notato che senza Zapata non c’è trippa per gatti. Il colombiano vale più di tutto il resto della squadra che, contro i bianconeri, più che un Toro è parsa un bue da presepio: non poteva che perdere.



Negli USA ha vinto, come non previsto solo da coloro che si ostinano a pensare di vincere denigrando l’avversario e non lanciando idee su come risolvere i problemi della gente, Donald Trump. Cosa farà? Fin dove possibile seguirà il proprio programma elettorale, poi, pragmaticamente, si adatterà a quanto richiesto dal momento politico internazionale, come è giusto faccia un uomo di stato, niente integralismo.

Un po’ diverso dal comportamento della Maggica che, la scorsa estate, si è affidata, per accontentare i tifosi, all’ancora acerbo De Rossi, impegnandolo a costruire una squadra vincente. Si è trovata piena di rifinitori e senza punte. Ora, dopo la sconfitta casalinga col Bologna, ha dato il foglio di via anche all’allenatore Juric, preso in corsa e incapace di gestire uomini non adatti alla sua mentalità calcistica. Penso ci sia bisogno, più che di Mancini, di un vecchio marpione, tipo Ranieri, per non trovarsi invischiati nei casini del fondo classifica.



Inzaghi, invece, contro l’Arsenal in Champions ha operato come sarà costretto a fare il prossimo presidente americano. Nei fatti, in contrasto con la sua idea di calcio e per non ripetere le cavolate fatte contro la Juve, ha schierato la Beneamata privilegiando la necessità di vittoria, che è il vero motivo per cui si scende in campo, al cosiddetto bel gioco.
Difesa schierata non propriamente a zona, centrocampo arretrato per tagliare le vie di rifornimento agli attaccanti avversari, punte che rientravano a difendere, pronte a ripartire. Gli inglesi non hanno potuto che raccogliere un’ammucchiata di calci d’angolo, sui quali primeggiavano i marcantoni della difesa interista, senza mai essere pericolosi. Un unico neo: sui corner avversari un calciatore deve stare venti metri fuori dalla propria area per impedire ad almeno due avversari di aggiungersi in attacco.

Parte Inter vs Napoli. Le squadre si sono equivalse per una ventina di minuti, poi un momento di svagatezza della difesa bauscia ha permesso al Napoli di passare in vantaggio. I nerazzurri hanno cercato di forzare i tempi, ma i campani si sono mostrati pericolosi nelle ripartenze. Ci voleva una prodezza per segnare e l’ha fatta il Chala con una lecca da fuori area, a fine primo tempo, che ha sorpreso Meret. Le difese sono parse più sul pezzo rispetto agli attacchi.
Inizia la ripresa e l’Inter crea un paio di buone occasioni, ma Lautaro non le sfrutta. Il gioco mostra che entrambe le squadre hanno paura di lasciarci le penne, attaccano alla voglia ma non posso. I nerazzurri cercano di aggirare la difesa napoletana, hanno la grande occasione di un rigorino a favore che però il Chala sbatte sul palo. L’Inter ha continuato a proiettarsi in avanti, ma con giro palla troppo lento per impensierire gli avversari. Anche le sostituzioni non hanno apportato alcunché, mi sa che quest’anno la Dea le mangia tutte! La testa della classifica vede sei squadre in due punti, può essere veramente l’anno delle sorprese e l’Atalanta pare pronta.