SERIE A: 18^ GIORNATA

18a giornata di Serie A. “Pota, quattro pere dalla Roma sono tante!”. Così avranno pensato i tifosi della Dea nel lasciare lo stadio dopo la bruciante sconfitta contro la Maggica.Si erano recati “all’Atalanta” baldanzosi e ora tornavano nelle loro case senza neanche la voglia di un passaggio dal Balzer. Situazione tremenda: la squadra che pareva lanciata a lottare per la vittoria finale del campionato ha avuto il braccino del tennista, la paura di vincere. Nella realtà è Gasperini che ha subito un’autentica lezione da Mourinho. Come sempre la Dea ha impostato la gara sulla velocità ma il loro tecnico non ha ancora compreso che, quando giochi in casa, ciò non basta. Gli avversari si chiudono in difesa e per entrare devi avere un’ottima dote tecnica, che i bergheimer non hanno. Lo Special One lo ha capito, ha tenuto la difesa compatta partendo all’attacco privilegiando la fascia destra che i nerazzurri lasciavano scoperta in quanto Pezzella, che avrebbe dovuto presidiarla, era sempre avanti. Se poi davanti hai due pezzi da novanta come Abraham e Zaniolo ad ogni contropiede corrisponde un grosso pericolo o una rete.



Ora forse va rivisto il nucleo delle favorite per arrivare in Champions. Anche perché, a Bologna, la Juve giocando da provinciale ha portato a casa i tre punti. Il Bologna non è una gran cosa, ma finalmente Allegri ha capito di non avere a disposizione uno squadrone per cui deve stare in cesta e colpire al momento opportuno. La Gobba ha solo due campioni: Cuadrado e il “simil Recoba”
Dybala. Il resto o sono campioni del passato o giovani che si credono grandi giocatori.



“L’Inter ha un livello imparagonabile alle altre di serie A”. Così ha sentenziato il mago di Setubal: c’è da cominciare a crederci. Per gioco, voglia di vincere, intercambiabilità fra i giocatori i bauscia sono nettamente superiori a tutti. I nuovi acquisti Dumfries, Correa e Dzeko non fanno per nulla rimpiangere Hakimi e Lukaku; il gioco impostato da Inzaghi procura un divertimento che va al di là della vittoria. In Italia solo una grande sfortuna potrebbe privarla dello scudetto-bis. In Europa è diverso, ci sono almeno cinque o sei squadre che le sono superiori, forse. È inutile commentare l’incontro con la Salernitana: non so cosa ci faccia questa squadra nel massimo campionato di Serie A. Va ridotto il numero delle partecipanti alla Serie A, non più di sedici squadre, due retrocessioni e due promozioni.



Grande scontro a San Siro fra Milan e Napoli anche se scaduto da partita scudetto a partita per l’alta classifica. Alcune assenze importanti nelle due squadre, in particolare fra i napoletani. Spalletti ha ordinato una partenza d’attacco con il Milan che pareva avere solo la carta “lancio lungo per Ibra” e veda lui. La posizione assunta in campo da Zielinski ha messo in ambasce il centrocampo milanista, Tonali e Kessie non riuscivano a capire come opporsi. Napoli subito in vantaggio. Praticamente i casciavit si sono svegliati dopo venti minuti quando Ibra ha cominciato a muoversi distribuendo palloni e rendendosi pericoloso. Alla mezz’ora i diavoli hanno preso il sopravvento costringendo i partenopei a chiudersi nella loro metà campo. I campani sono apparsi troppi fiduciosi del vantaggio ottenuto o forse proprio in crisi fisicamente. Per loro fortuna i milanisti hanno giocato il primo tempo in nove, Diaz e Messias non sono scesi in campo, spettatori non paganti.

Stadio pieno come si addice agli incontri di cartello. Capisco che si sia all’aria aperta, ma in questo momento in cui si pensa a regole restrittive per tutti al fine di combattere il nuovo attacco del virus, non sarebbe il caso di obbligare le persone a tenere, se non vogliono portare la mascherina, almeno una decente distanza? Andrebbero utilizzati tutti gli spazi dello stadio; capisco che vedere la partita dal terzo anello del Meazza non è il massimo, per cui convincere i tifosi a comperare il biglietto per quei posti è molto difficile, ma il momento attuale impone l’obbligo di salvaguardare per prima la salute.

Al Meazza tutto è filato liscio fino a metà ripresa quando anche Pioli ha capito che nell’area napoletana non si può entrare con sfondamento centrale. Allora ha immesso Saelemaekers per Krunic, quasi nullo, e l’inesistente Diaz è stato sostituito da Giroud. Per cui l’ordine è stato: avanti all’arrembaggio e crossare sperando che i nonnetti d’attacco possano trovare la forza per spararne almeno uno in rete. Nessuno ha capito perché Spalletti, a dieci minuti dal gong finale, abbia tolto Zielinski – il migliore in campo – e Petagna il più capace di tenere avanti il pallone. Questi allenatori che vogliono fare i fenomeni sono incomprensibili. Finisce l’incontro e, parafrasando il compianto Ferretti quando commentava Fausto Coppi scrivo: una squadra sola è in testa alla corsa, la sua maglia è nerazzurra, il suo nome è Internazionale! Campioni d’inverno, non serve a nulla ma piace.